Luoghi sacri condivisi
Il Giubileo 2025 regala a Roma la mostra dal titolo: «Luoghi sacri condivisi», allestita fino al 19 gennaio 2026 a Villa Medici grazie all’Accademia di Francia, al Mucem (Musée des Civilisations de l’Europe et de la Méditerranée), all’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, ai Pii stabilimenti francesi a Roma e a Loreto, al MAXXI e al Museo ebraico di Roma. La mostra è un unicum nel suo genere, e si riferisce a quei luoghi sacri condivisi da religioni diverse sebbene siano di solito associati a una sola confessione.
Oltre le barriere ideologiche, linguistiche, culturali, e soprattutto dogmatiche, l’umanità si ritrova davanti ai grandi interrogativi che la riguardano da sempre, sperimentando in questi luoghi di ispirazione per la fede, un punto di contatto e di riflessione, di confronto e di preghiera.
Non è una novità che fin dai tempi antichi ebraismo, cristianesimo e islam pur rivendicando ognuna il «proprio» Dio, con le rispettive sacre scritture, e le figure di spicco e di riferimento a cui guardare, hanno visto intrecciarsi narrazioni, rituali, luoghi dedicati alla pietà popolare, personalità celebrate, santificate, onorate quasi ricomponendo un mosaico storico-antropologico che si è sviluppato, in particolare, intorno al bacino del Mediterraneo e al Medio Oriente.
Un fenomeno, questo, che la storia, quella scritta nei libri, ha spesso trascurato o volutamente censurato, mentre invece potrebbe spingere a una nuova consapevolezza i fedeli delle tre grandi religioni monoteiste, e diventare la base per una riscoperta di valori comuni, con l’obiettivo di unire invece di dividere, di riappacificare i popoli invece di alimentare guerre fratricide.
La mostra di Villa Medici tenta di scrivere una nuova pagina di riconciliazione interreligiosa proponendo opere d’arte provenienti da collezioni francesi, italiane e vaticane, tra passato e contemporaneo. Gli autori sono di assoluto e universale rilievo: da Gentile da Fabriano a Carracci, a March Chagall, da Le Corbusier a Gianni Berengo Gardin, seguendo un itinerario tematico e simbolico, articolato in sette capitoli afferenti a contesti diversi, ma tutti ugualmente e fortemente evocativi: città sante, il mare, il giardino, la montagna, la grotta, oggetti erranti e architetture che generano una felice contaminazione di tradizioni, parole, segni, gesti e visioni declinati con il linguaggio dell’arte.
La mostra è curata da Dionigi Albera, Raphaël Bories e Manoël Pénicaud.
Sul versante del confronto interreligioso va segnalato anche il ciclo di conferenze online, in lingua inglese, della «Global Dialogue Initiative» promosso dall’Interfaith Encounter Association di Gerusalemme, impegnata a creare ponti di dialogo tra ebrei, musulmani e cristiani superando gli equivoci che nascono da ignoranza, diffidenza e stereotipi per trasformare la comprensione delle differenze in opportunità di relazioni. I prossimi appuntamenti sono fissati per il 19 novembre con «Healing through stories» (Guarire attraverso le storie) ovvero come le narrazioni e i film plasmano la nostra percezione di noi stessi e «dell’altro»; e per il 18 dicembre con «Silence and gesture» (Silenzio e gestualità): i linguaggi non verbali (ospitalità, linguaggio del corpo e silenzio) creano fiducia e rispetto per scoprire insieme come simboli, storie e gesti possano diventare ponti tra le differenze. Per iscrizioni: https://forms.gle/TyRbCWoJEeVwRS4t9