Teologia in casa

La «Trinità terrena» di Bressanone ci fa entrare in una dimensione domestica di religiosità libera che sa immaginare la Trinità che ci cammina accanto.
21 Ottobre 2025 | di

Qui si parla proprio di parole benedette. Chi visita il bellissimo Museo diocesano di Bressanone, si trova davanti una sorprendente opera in legno policromato di notevoli dimensioni che rappresenta una giovane Maria vestita con panneggi giallo e oro, un Giuseppe ugualmente giovane, vestito di verde, rosso e oro, e in mezzo un Gesù ragazzino vestito tutto d’oro. Sono in piedi, Gesù sopra una sorta di sgabello di legno. Maria tiene Gesù per mano. Hanno la stessa pettinatura, capelli un poco lunghi, la riga in mezzo. Viene spontaneo pensare che si somigliano. La targhetta accanto porta scritto «Trinità terrena». Non sono molti, anche tra noi che abbiamo studiato teologia per anni, a conoscere questa espressione. Abbiamo incrociato la Trinità economica e la Trinità immanente (nei trattati teologici), quasi tutti noi credenti abbiamo una nostra idea della Trinità celeste, Padre-Figlio-Spirito Santo.

E quindi da dove arriva l’espressione? La targhetta è generosa e spiega che questo tipo di manufatto nasce in ambito tedesco e si diffonde a livello popolare, soprattutto come rappresentazione adatta alla devozione privata. In sostanza è una Sacra Famiglia. Il Bambino, però, è sempre grandicello, intorno ai 7-8 anni, e tutti sono in movimento, in piedi. Ma leggiamo che il nome tedesco per questo tipo di opere è Heiliger Wandel, dove il primo termine vuol dire «sacro» e il secondo ha a che fare con il movimento appunto, il «cammino». Traduciamo allora «Sacro cammino»? Cammino però vuol dire tante cose: c’è il cammino interiore, c’è il cammino della vita, c’è il camminare insieme. Qualcuno suggerisce di tradurre «Sacra conversazione». Forse «Sacro muoversi insieme» potrebbe avvicinarsi. Comunque sia, la traduzione italiana «Trinità terrena» ha tradito questa idea di movimento famigliare, ha suggerito la possibilità di riprodurre in terra la Trinità celeste e questo ha fatto sì che la teologia non abbia amato proprio né la rappresentazione né l’espressione. 

Spesso un termine teologico è stato faticosamente conquistato, dopo avere attraversato Concili, scartato eresie, accettato scismi. E portarlo semplicemente qui nella vita comune può apparire rischioso e quindi la «Trinità terrena» è un soggetto raro, rimasto prevalentemente al di là delle Alpi. La pittura conosce una versione in cui l’immagine della Sacra Famiglia, non più in movimento, è sovrastata in cielo dall’immagine del Padre e dello Spirito Santo, e qui il Bambino, bello, ritto e cresciuto è il punto di incontro tra terra e cielo. Il riferimento è a Luca 2,42ss, quando Gesù resta al Tempio e ai genitori che lo ritrovano rivela la sua missione.

Teologicamente ineccepibile si può dire, ma la serie di dipinti più celebri tra questi è del pittore Murillo e si intitola Due Trinità. Il che non va bene, si è detto tra i teologi, perché la Trinità è una ed ecco che, insomma, se si porta la Trinità in terra l’eresia è sempre in agguato. Eppure questa rappresentazione delicata e dinamica della «Trinità terrena» di Bressanone ci fa entrare in una dimensione domestica di religiosità libera che non ha paura di immaginare la Trinità che ci cammina accanto e sente l’incarnazione dentro la nostra fede quotidiana. Servono parole per tutti. Viene il desiderio di pregare, davanti a questa bella «Trinità terrena».

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Data di aggiornamento: 21 Ottobre 2025
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