Parola di muro!
«La storia in questi ultimi decenni ha dato segni di un ritorno al passato: i conflitti si riaccendono in diverse parti del mondo, nazionalismi e populismi si riaffacciano a diverse latitudini, la costruzione di muri e il ritorno dei migranti in luoghi non sicuri appaiono come l’unica soluzione di cui i governi siano capaci per gestire la mobilità umana». Queste le parole di papa Francesco in occasione della sua visita del 2021 al Centro Astalli, per il quarantesimo anno del Servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia. Ma perché vi parlo di questo messaggio che risale a un po’ di tempo fa? Innanzitutto perché le considerazioni del Santo Padre sono più che mai attuali e calzanti, se guardiamo agli orrori e alle conseguenze generate dall’odierno conflitto in Ucraina. Inoltre, nella sua riflessione il Papa riprende un concetto assai significativo, ovvero quello dei «muri», che può assumere sfumature molteplici e differenti. Basti pensare all’idea di «muro» come strumento di controllo che emerge dai versi di Another Brick In The Wall, celebre canzone del gruppo rock Pink Floyd, oppure ai muri intesi come confini geografici o, ancora, ai muri come barriere architettoniche e strutturali che risultano essere limiti invalicabili sia per le persone con disabilità che per i loro accompagnatori.
Ma non finisce qui! Perché i muri possono avere innumerevoli ruoli e funzioni, oltre a quelli puramente fisici. Come dimenticare i muri che hanno fatto la storia – basti pensare al Muro di Berlino –, oppure quei muri che per molti popoli hanno assunto nei secoli un valore religioso incommensurabile, come il Muro del pianto di Gerusalemme? Di pareti, barriere e limiti, poi, si parla spesso con un’altra accezione: qual è infatti l’espressione che ricorre quando non abbiamo voglia di entrare in relazione con gli/le altri/e? «Alziamo dei muri»! E lo facciamo per proteggerci, difenderci da qualcosa che non è tangibile e potrebbe crearci disagio. Difese, dunque, che possono essere anche emotive e psicologiche. Tuttavia, i muri sono in grado di veicolare messaggi importanti con linguaggi diversi, persino artistici.
Spesso vi ho parlato nei miei articoli delle opere realizzate dal misteriosissimo artista Banksy sui muri di varie città nel mondo. Beh, pensate che anche qui in Italia abbiamo una sorta di Banksy «nostrano». Mi riferisco a una vera e propria muraglia «parlante», ossia il Muro Liberato che possiamo ammirare nel Parco Chiesa Rossa di Milano, sul quale sono trascritti i versi del caro amico e collega, Antonio Giuseppe Malafarina, e dove, due anni fa, in occasione del Festival delle Abilità, è stato disegnato un murales dedicato a Franco Bomprezzi. I muri, quindi, hanno anche questa capacità: parlare, comunicare con forza un pensiero libero e creativo. Dipende dal punto di vista con cui li si guarda: una prospettiva che diventa positiva se si pensa a loro come «ponti» che conducono verso i mondi della cultura e dell’arte, dando a ciascuno la possibilità di esprimersi liberamente. Dunque, non mi rimane che chiedervi: avete mai sentito un muro parlare? Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram.
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