Prego, si accomodi

Anche una sedia può essere occasione per riflettere sulle fragilità nostre e altrui e sulla possibilità di ciascuno di essere di supporto per sé e per gli altri.
20 Ottobre 2022 | di

«E adesso siediti / su quella seggiola / stavolta ascoltami / senza interrompere / è tanto tempo che / volevo dirtelo [...]». Questo noto successo di Riccardo Cocciante, Bella senz’anima, riecheggia nella mia testa tutte le volte che svolgo incontri formativi rivolti a gruppi di bambini, ragazzi e adulti. Perché, solitamente, prima di presentarci, ci disponiamo in cerchio e tutte le volte, immancabilmente, la mia attenzione viene catturata da un elemento: la sedia. E mi trovo a domandarmi: che ruolo ha una sedia per il mondo? Pertanto, proprio durante questi incontri formativi, mi piace proporre il «gioco della sedia», vale a dire quello che porta a scambiarsi di posto offrendoci possibilità di ribaltare la nostra prospettiva.

Ma, riflettendoci un po’ sopra, sono arrivato anche a un’altra importante conclusione: una sedia può avere pure un ruolo nel sostenere l’umanità. Se ci fate caso, infatti, gli uomini e le donne prima o poi e per svariati motivi, condizioni e/o situazioni, si siedono, non riuscendo a stare troppo tempo in piedi: quando sono stanchi, quando lavorano in determinati contesti, quando svolgono le loro funzioni primarie, quando hanno dei deficit, quando perdono sicurezza o alcune delle loro abilità con l’avanzare del tempo… Avviene con la sedia, quindi, ciò che avviene normalmente tra le persone: gli uomini e le donne hanno bisogno di sostenersi a vicenda e se questo non accade finiscono col «cadere». Quello del sostegno è quindi un concetto a mio parere fondamentale, che riguarda non solo l’ambito della scuola e dell’educazione, ma che è interiorizzato in diversi aspetti della vita.

Dunque, chi è la «sedia» nella vita di tutti i giorni? Sono tante le persone che possono svolgere questa funzione: in famiglia, i genitori o i fratelli e le sorelle; a scuola e/o in ambito educativo, gli insegnanti, di sostegno e non, gli operatori scolastici, gli assistenti sociali; nelle relazioni in generale, gli amici e quelli che a me piace definire «inconsapevoli promotori d’inclusività», e così via… Potremmo fare davvero tantissimi esempi! Bisogna però tenere in considerazione tre aspetti. Il primo è che a ciascuno di noi capiterà, prima o poi, di svolgere il ruolo della «sedia» nella sua duplice funzione, sia di sostegno degli altri che di se stesso.

Il secondo è che la sedia deve essere robusta, perché più sarà compatta e solida (dove, fuor di metafora, per solidità si intende la nostra consapevolezza) più sarà in grado di supportare noi stessi e gli altri; infine, una sedia deve essere comoda e accogliente, per mettere gli altri nelle condizioni di poter chiedere aiuto e di affidarsi a chi sostiene. Concludendo, non dobbiamo avere paura di sederci, e non solo perché questa azione è una condizione naturale che fa parte della vita di ogni uomo e di ogni donna, ma anche perché quel cambio di prospettiva che questa azione ci consente, ci dona la possibilità di metterci in una posizione differente e di considerare un altro punto di vista. E voi, su quale sedia vi accomodate? Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram.

Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»! 

Data di aggiornamento: 20 Ottobre 2022

Articoli Consigliati

Pane nostro

19 Ottobre 2022 | di

Amami per come sono

10 Ottobre 2022 | di
Lascia un commento che verrà pubblicato