Ministero petrino e dimissioni
«Ci sono occasioni in cui ci si chiede perché il Papa debba rimanere in carica fino all’ultimo respiro. Il mondo corre e occorrono doti fisiche e mentali per misurarsi con i cambiamenti che avanzano. Papa Ratzinger, senza dirlo esplicitamente, ha mandato un messaggio al mondo della Chiesa: c’è un tempo per essere il successore di Pietro e un tempo per dire “mi ritiro a meditare e pregare”. Pietro è vissuto in un’epoca dove la vita trascorreva senza troppi scossoni. Oggi si corre un grosso rischio: quello di portare discredito alla massima guida del cristianesimo. Coraggio, si affronti il tema, lo si faccia in fretta, il Signore aiuterà questo percorso».
Lettera firmata
Il tema della rinuncia del Papa al suo ufficio è stato dibattuto, specialmente in seguito alle dimissioni di Benedetto XVI. È una questione che tocca aspetti giuridici, canonici e teologici. Nel corso della storia, si è spesso considerata la possibilità di una rinuncia del sommo Pontefice, discutendo eventualmente sulle motivazioni di tale rinuncia. Tra i Papi che hanno rinunciato, in passato, la maggior parte è stata costretta a farlo a causa di condizioni esterne, come la prigionia o l’esilio, mentre solo in due casi hanno rinunciato per motivi personali: Celestino V e Benedetto XVI. Il primo, alla fine del Duecento, catapultato sul soglio pontificio dopo una vita monastica, si dimette per gravi difficoltà nell’amministrazione della Chiesa.
I motivi della rinuncia di Benedetto XVI sono dichiarati da lui stesso, davanti al Concistoro, l’11 febbraio 2013: «Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato».
Nel prendere questa decisione, il Papa di allora non ha dovuto inventare qualcosa o introdurre un nuovo uso; infatti, la rinuncia è prevista dal diritto canonico (canone 332). Essa può avvenire solo per esplicita volontà del Pontefice, con un atto libero e debitamente manifestato. Dunque, se il Papa vuole dimettersi quando si accorge di non riuscire più a svolgere il suo ministero, lo può fare. Ci sono altre circostanze in cui viene a cessare il ministero pontificio: in caso di morte, di certa e perpetua pazzia o totale infermità mentale, oppure di notoria apostasia, eresia o scisma. In queste occasioni, i cardinali sono chiamati ad accertare il verificarsi di tali condizioni, constatando la cessazione del ministero petrino.
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!