Amare: dono o scelta?
Il comandamento dell’amore, «Amatevi come io vi ho amato», una delle cifre del cristianesimo, uno degli elementi portanti, quante volte l’abbiamo sentito o detto. E come sempre in questi casi c’è il rischio di fermarci al «questa l’ho già sentita», e la testa va altrove… e perdiamo un’occasione. Un’occasione per sperimentare qualcosa di bello, anzi, la cosa più bella del mondo. Sperimentare cosa significhino sul serio queste parole, cosa significhino davvero per la nostra vita! Torniamo allora a leggerle ancora una volta insieme.
Dal Vangelo secondo Giovanni
«In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri"». (Gv 15,9-17)
Il contesto dell’amore: l’intimità fra Gesù e il Padre
Siamo durante l’ultima cena e Gesù è assieme ai suoi apostoli, gli amici più stretti, riuniti intorno alla tavola. C’è aria di intimità, a tutti è chiaro che è un momento decisivo, importante, hanno tutti gli occhi su di lui. E lui cerca di farli entrare, di farci entrare, in ciò che per lui è più prezioso, cioè la sua relazione con il Padre, l’amore tra lui e il Padre. Ci fa entrare in questo mistero grande perché lì dentro sta tutto il mistero della vita, della creazione, dell’incarnazione, della redenzione. Del nostro esserci e del nostro risorgere a vita nuova. Dal Padre arriva ogni cosa, è lui la fonte inesauribile di vita, lui che genera il Figlio, di continuo, lui che crea e ricrea di continuo, che soffia il suo Spirito di vita in noi ogni istante. È la potenza di questo amore infinito e inarrestabile che spacca la lastra della tomba, che riempie di vita ancora una volta il corpo di Cristo morto e sepolto, da lui scaturisce la risurrezione di Cristo e ogni altra piccola o grande risurrezione nella nostra vita.
Un amore fatto di due movimenti
Ma come è fatto questo amore? Questo amore del Padre verso il Figlio, e poi (a sua immagine) del Figlio verso di noi, e poi (a immagine del Figlio) dell’amore fra noi? È fatto di due movimenti. Il primo movimento è reso esplicito dalle parole di san Giovanni: «In questo sta l’amore, non siamo stati noi ad amare Dio (per primi), ma è lui che ha amato noi (per primo)» (1Gv 4,10). Anzitutto l’amore è qualcosa che ci precede, che viene prima di noi, qualcosa che ci accade nella vita, qualcosa che «subiamo». Mi accade nonostante me di essere desiderato, partorito, accudito, amato. Mi accade nonostante me che qualcuno mi vuol bene, si prende cura di me. Mi accade nonostante me perfino di innamorarmi a mia volta: scopro l’amore già dentro di me, senza sapere come «fabbricarlo»!
Lo stesso vale per Gesù: a Gesù accade di sperimentare le cure di Maria e Giuseppe, accade di sentire l’amore infinito del Padre, gli accade di sentire le proprie viscere commuoversi per i poveri, i peccatori, i malati… Non può sceglierlo, gli succede. L’amore ci precede sempre… fin dal primo uomo e donna su questa terra, che hanno ricevuto da Dio il primo amore! Eppure c’è un secondo movimento: nel brano del vangelo letto sopra si parla di «comandamento» dell’amore, «questo io vi comando, che vi amiate gli uni gli altri», «fate ciò che vi comando». Sì, l’amore è anche qualcosa che si sceglie. Meglio: l’amore ci accade, ma poi noi dobbiamo scegliere di rimanerci.
Una madre, un padre, ama il proprio bimbo spontaneamente, gli succede e basta; eppure quando per notti e notti non si dorme, e il bimbo piange, e non sai che cos’ha, e sei disperato, e lo butteresti fuori dalla finestra… scegli di rimanere in quell’amore, devi deciderlo, fatto un atto di volontà. Quando ti innamori della tua donna, del tuo uomo, ti succede, eppure poi scegli di dire sì, di stare con lui/lei, e ti sembra di non poter fare altrimenti. Ma quando poi sperimenti le spigolosità, i difetti, le fatiche, quando con il tempo la persona accanto a te cambia e non la riconosci più… l’amore diventa scelta.
Quando scopri il Signore, il suo amore per te, ti innamori, fai momenti di preghiera estatici e splendidi, desideri dare tutta la tua vita per lui, e magari scegli perfino di diventare frate. Ma poi ogni mattina quando suona la sveglia per la preghiera, e faresti di tutto piuttosto che andare a recitare salmi in chiesa, allora lì scegli di andare, lo decidi, anche contro voglia, scegli di rimanere in quell’amore. L’amore è fatto di questi due movimenti, passivo e attivo, ci accade e lo scegliamo. Se fosse solo dono sarebbe costrizione, e invece l’amore vero è libertà. Se fosse solo scelta sarebbe asettico, volontaristico, funzionale, secco, aspro, vuoto, e invece l’amore vero è pienezza, vitalità, gioia. L’amore vero allora è sempre le due cose insieme: un dono e una scelta! Per questo dice «amatevi (scelta) come io vi ho amato (dono)»!
Un triplice frutto
E qual è allora il frutto di un amore così? Direi tre cose almeno:
«vi ho chiamati amici»: il primo frutto di un amore così è l’intimità, l’intimità fra il Padre e il Figlio, fra Gesù e i suoi discepoli/noi, e fra di noi quando amiamo come lui; l’intimità, l’amicizia, è la cifra dell’amore;
«perché portiate frutto, e il vostro frutto rimanga»: l’amore porta frutto, l’amore dà la vita, l’amore semina vita nuova; l’amore si dona, si spende, si consuma; è una dinamica attiva e vivificante, porta frutto, per le nostre vite e per l’umanità intera;
«vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena»: amare così è bello, amare così riempie la vita di gioia, amare così dà senso e pienezza; fatica, sudore, ci vuole coraggio, forza e tenacia; ma è gioia piena, la gioia del Risorto!
Intimità, dono di sé, gioia: che siano i tre frutti belli dell’amore che riceviamo e in cui scegliamo di restare!
Buon cammino a tutti.
fra Nico – franico@vocazionefrancescana.org
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