Il dilemma della ricchezza

Ripercorre il tema della ricchezza attraverso gli occhi di grandi artisti dal Quattrocento al Novecento la mostra «Ricchezza. Dilemma perenne», alla Casa delle Esposizioni di Illegio (Tolmezzo, UD) fino al 9 novembre.
03 Settembre 2025 | di

Immaginate di vincere al SuperEnalotto e di portarvi a casa una cifra a sei zeri: come reagireste? Con salti di gioia o ansia da prestazione? L’idea di gestire tanto denaro vi metterebbe in crisi? Forse anche voi, come cantava Gilberto Mazzi nel 1939, vi accontentereste di «mille lire al mese»? Del resto, lo dice anche il proverbio, i soldi non fanno la felicità. E, aggiungiamo noi, forse nemmeno la ricchezza… Perché, al di là della definizione fornita dall’Enciclopedia Treccani («Il complesso dei beni, mobili e immobili, posseduti da un soggetto»), dietro il termine «ricchezza» si nasconde un mondo di significati e valori su cui riflettere, specie in un momento storico come quello attuale, lacerato dai conflitti di interessi e dal consumismo imperante. Nasce da qui l’idea del Comitato San Floriano di Illegio di dedicare una mostra alla «Ricchezza», quale «dilemma perenne» dell’umanità. Intesa, dunque, «non come semplice accumulo di beni e denaro – precisa Lara Iob, presidente del Comitato San Floriano –, ma come riflessione sul valore, sul significato profondo dell’avere, del dare, del condividere. In un’epoca in cui il possesso spesso definisce la persona più del pensiero o dell’anima, ci è sembrato necessario fermarci e chiederci: che cos’è davvero la ricchezza? A chi appartiene? Come cambia chi la ottiene, e chi la perde? Cosa resta quando tutto il resto passa?». 

Cerca di rispondere a queste domande l’esposizione curata da don Alessio Geretti e aperta fino al 9 novembre nella Casa delle Esposizioni di Illegio, affascinante borgo montano a pochi chilometri da Tolmezzo (UD). Cinquantadue le opere in mostra (perlopiù dipinti) che – dalla metà del Quattrocento fino alla metà del Novecento –, tra scene di corte, personaggi alla deriva e momenti di quotidianità familiare, ripercorrono il tema della ricchezza nella vita umana e nelle vicende del mondo. «Le arti hanno frequentemente celebrato o vituperato le ricchezze – scrive don Alessio Geretti nel catalogo della mostra –, hanno dato spazio all’esibizione del lusso e del potere così come all’esaltazione della sobrietà e della liberazione dalla schiavitù del possesso: hanno provocato, insomma, la duplice percezione del lato luminoso e del lato oscuro che ogni ricchezza porta in sé. Il senso della mostra in essere è dunque quello di ripercorrere l’iconografia e la “filosofia in arte” della ricchezza, individuando alcuni nuclei di un’analisi storica, artistica ed etica delle esperienze umane connesse alla ricchezza stessa».

Dalla corte alla strada

Stoffe cangianti dai colori vivaci, diademi e pietre preziose, gorgiere, piume, ventagli… il tutto incorniciato da un loggiato e da un tappeto con lo stemma araldico: alla corte estense di Ferrara non si badava certo a spese quando, intorno al 1575, Torquato Tasso declamava il suo poema Gerusalemme liberata (Francesco Podesti, Torquato Tasso a Ferrara, 1842) al cospetto di Eleonora d’Este. Il nostro ingresso alla mostra di Illegio ha il sapore della nobiltà e del lusso. Lo stesso che si respira nel Ritratto di Margherita Aldrobrandini (1625-1628), di autore anonimo. Agghindata secondo la moda spagnola del XVII secolo con un abito nero impreziosito da rosette gemmate, passamanerie d’oro e puntali con pietre, la moglie del duca di Parma e Piacenza Ranuccio I Farnese è l’emblema della ricchezza ostentata. Altrettanto monumentale, il Ritratto di Caterina Sandella firmato dal Tintoretto (1552-1553), così come quello di Tiziano Vecellio (1545-1550), descrive invece una ricchezza più libera, generata dal riscatto sociale (la protagonista delle tele, nonostante le umili origini, divenne la governante del poeta-scrittore-drammaturgo Pietro Aretino, nonché la madre delle sue due figlie, e si inserì dunque in un ambiente di straordinaria vivacità culturale). 

Oltre lo sfarzo e i salotti d’élite, la ricchezza, però, è fatta anche di semplici gesti quotidiani. Lo sa bene Federico Pastoris che nel 1865 dipinge I signori di Challant – una nobile famiglia valdostana del XV secolo – mentre si spostano a braccetto tra le sale del loro palazzo tappezzato di arazzi e affreschi. Per non parlare di Ignacio Leòn y Escosura che, tra il 1850 e il 1899, ritrae il momento della vestizione di una giovane principessa affidata alle sue dame di compagnia (La toilette della principessa). Ricchezza è poter disporre di tempo libero, ma anche di intimità. La stessa che lega le due dame protagoniste di Sul divano. Conversazione (1890-1895), in cui Federico Zandomeneghi ci porta all’ombra di un paravento color pastello per condividere segreti e confidenze femminili d’epoca. Poco distante, un’altra dama seduta al tavolino in un carboncino e pastello su carta (Pablo Picasso, Ritratto di donna al tavolo nel locale Els 4 Gats, 1899) si gode in solitudine la routine davanti a un boccale e a un bicchiere. 

La ricchezza è strettamente connessa alla libertà e, neanche a dirlo, alla salute. Accasciata sul suo giaciglio e ormai sconfitta dalla tisi, Margherita Gauthier (ritratta da Eugenio Scomparini nel 1890 circa) ci ricorda quanto è sottile il confine tra ricchezza e povertà, gioia e rimpianto, vita e morte. La ricchezza più grande – sembra volerci ricordare la signora delle camelie con quel suo sguardo spento – è riuscire a vivere l’amore liberamente (nel suo caso, quello con Armand Duval). Anche se, in realtà, nessun amore è in grado di portare tanta ricchezza quanto quello per Dio. Di questo avviso sono Giovanni Bellini, autore (l’attribuzione non è certa e chiama in causa anche Alvise Vivarini) di una Adorazione dei Magi proveniente da una collezione privata milanese e mai esposta al pubblico prima d’ora, e Lorenzo Lotto che nel 1530 dipinge con l’Adorazione dei pastori una scena di tenerezza commovente, con tanto di Gesù Bambino che accarezza un agnellino. Dalla capanna col bue e l’asinello fino ai paesaggi agresti solcati dall’aratro (Carlo Pittara, Le imposte anticipate – Buoi al carro, 1865), non c’è ricchezza senza povertà. E, ci ricorda Achille D’Orsi con Proximus tuus (1880), nemmeno senza lavoro. Indicativa in questo senso è l’espressione assorta del contadino scolpito nel bronzo dall’artista napoletano sulla scia dell’arte verista di fine Ottocento. Dopo una giornata all’opera nei campi, l’uomo siede stremato, con la zappa in braccio. Fissa il vuoto e poggia una mano sul suo ginocchio, in un gesto quasi consolatorio. Se la ricchezza viene dalla terra, sta all’uomo coltivarla e condividerla con – parafrasando il titolo dell’opera – il «prossimo tuo». 

La mostra di Illegio prosegue con una carrellata di personaggi, perlopiù derelitti e mendicanti (i cosiddetti «pitocchi»), che hanno conosciuto «l’altra faccia della ricchezza» senza per questo perdere la propria dignità. Prendiamo ad esempio Il Giramondo di Antonio Carneo (1670), un vecchio con cappello in testa, seduto a terra, in mezzo a una natura cupa e lussureggiante, con gli abiti logori e lo sguardo assorto nel vuoto. Fissa invece il pubblico reggendosi la testa con la mano Cinciarda (1945), tra i soggetti prediletti di Pietro Annigoni: uno dei tanti vagabondi nella Firenze del secondo dopoguerra, un uomo prostrato dalla vita che, avvolto in un mantello stracciato, eco di un passato prestigioso, ha saputo comunque preservare la propria integrità. 

La miseria mette alla prova il fisico e lo spirito, ma non la fede. Almeno nel caso di La derelitta di Giuseppe Molteni (1844 circa), una giovane ritratta mentre prega a mani giunte, seduta sul pagliericcio di una fatiscente soffitta. Sullo sfondo si scorge la schiena di un uomo che, dopo aver lasciato la stanza, scende le scale. Un benefattore? O forse un cliente? Non ci è dato sapere se la protagonista di questo olio su tela viva di elemosina o forse di prostituzione. La speranza tuttavia trasuda dai suoi occhi stanchi. Il riscatto è dietro l’angolo... Ha l’aspetto della capraia dipinta da Luigi Cima (Nella stalla, 1896 circa), intenta a ricamare al tramonto, circondata dal bestiame che ha accudito per tutto il giorno. Ha lo sguardo fiero dell’operaio che guida una protesta in piazza Malaspina a Volpedo (AL) nel celebre quadro di Pelizza da Volpedo Quarto stato (1898-1901). Alla Casa delle Esposizioni di Illegio è esposto uno Studio della figura centrale realizzato con cartoncino su carta da spolvero nel 1895.

La mancanza di ricchezza, si sa, crea da sempre malcontenti e discordie, ma anche dolore e frustrazione. Vedere per credere le lacrime trattenute a stento dal Ragazzo morso da un ramarro (1595 circa) attribuito a Michelangelo Merisi (di questo soggetto si ritiene che il Caravaggio dipinse tre versioni: oltre a questa, proveniente da una collezione privata romana, si annoverano quella della Fondazione Longhi di Firenze e quella conservata alla National Gallery di Londra). Che dire poi dell’aria abbattuta che mostra la Donna al banco di frutta (dipinta da Renato Guttuso nel 1974), mentre – immersa nel mercato della Vucciria di Palermo – contempla i prezzi di mele e pere, evidentemente troppo alti per le sue tasche? Presi come siamo oggi dall’inflazione galoppante, ci immedesimiamo facilmente nel dilemma della signora. Quante volte anche noi al supermercato leggiamo con sconforto i prezzi sempre più proibitivi…

Se però è vero che da un lato il nostro bisogno alimentare cozza talvolta con la mancanza di ricchezza, dall’altro è altrettanto vero che la ricchezza autentica non risiede nel cibo, quanto nella possibilità di condividerlo. Ne era convinto anche Plinio Nomellini quando, nel 1930, abbozzò con pennellate leggere e multicolori una famiglia di Ritorno dai campi. Papà in piedi, mamma e bambina a cavalcioni di un asino e di un cavallo. Nell’olio su tela che chiude l’esposizione di Illegio i nostri «eroi» si avviano sorridenti verso casa dopo una giornata di lavoro. Ai piedi del quadro: un grande cesto di frutta, segno di un abbondante raccolto, ma anche di una vita piena e gratificante. «La felicità è qualcosa che si moltiplica quando viene condivisa» scriveva nel 1994 Paulo Coelho (Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto). Se non è ricchezza questa…

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Data di aggiornamento: 03 Settembre 2025
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