«Adoriamo insieme», un dono di Dio
Corre l’anno 2010. Una manciata di giovani universitari che condividono il percorso di studi (Medicina), la città d’adozione (Padova) e il cammino di fede, ogni martedì nel proprio appartamento da studenti fuori sede prega il rosario. Invitando anche altri amici e conoscenti, il gruppo si ingrossa, tanto che il piccolo salotto diventa troppo angusto… Bussano allora dai frati, in Basilica del Santo, con la richiesta di poter usufruire di uno spazio dove pregare, magari con l’esposizione del Santissimo. A prenderli sul serio è fra Alberto Tortelli. È lui ad accoglierli, individuando un luogo poco distante dalla Basilica dove un’esperienza come quella potrebbe trovare casa: la cappella dell’Istituto teologico sant’Antonio dottore, in via San Massimo 25, luogo deputato allo studio per i giovani frati conventuali che si preparano a scegliere in via permanente la vita religiosa e sacerdotale. Mettere studenti con studenti è la mossa giusta. L’iniziativa diventa pubblica e negli anni attecchisce. La proposta non è più il rosario, bensì l’adorazione eucaristica. Anche i numeri piano piano lievitano, fino alle circa ottanta presenze settimanali del 2025.
Nel frattempo, quegli studenti del 2010 sono diventati adulti, ma altri hanno dato seguito alla loro intuizione, accompagnati dai frati. Incontrarli è facile: appuntamento ogni martedì da ottobre a giugno, aperto a tutti i 18-35enni – non per forza universitari – che vogliano passare una serata diversa, in compagnia di se stessi, di altri coetanei, di Dio. Il nome dell’iniziativa è esplicito: «Adoriamo insieme». «Ed è davvero nella sua semplicità tutto qui – spiega fra Nico Melato, dell’équipe di pastorale giovanile della Basilica del Santo –. Al centro c’è Gesù eucaristia. Lo adoriamo. Ma insieme. Un’ora davanti a Lui in cappella; un’ora poi di fraternità, di socialità in refettorio. In libertà, senza iscrizioni o costrizioni. Se ti incuriosisce, vieni e vedi». Ma devi essere puntuale: alle 20.45 i giovani si riuniscono nell’atrio dell’Istituto, poi salgono al primo piano per la preghiera che inizia alle 21, e a quel punto non resta nessuno in portineria ad aprire.
Per poterlo raccontare, pur essendo fuori età, un martedì mi presento anch’io, con la bella sensazione di essere, per una volta, il più vecchio dell’assemblea. L’accoglienza è cordiale, quasi festosa. Anche il neoarrivato trova chi lo avvicina con un sorriso e lo mette a proprio agio, rompendo il primo muro della timidezza. Presto si entra in cappella, un ambiente contemporaneo dove scelte architettoniche e liturgiche oculate rompono la disposizione classica degli elementi, senza per questo respingere, ma piuttosto favorendo l’accoglienza. Spiccano il grande crocifisso, non sull’asse principale ma spostato sulla sinistra; la preminenza del coro – questa è pur sempre, in fin dei conti, la cappella di un convento –; l’acquasantiera con l’acqua sempre in movimento che imprime dinamismo, aiuta a sentire che c’è vita.
Le curatissime luci, già soffuse, vengono ulteriormente regolate al ribasso per segnare l’avvio della preghiera. Gli ultimi prendono posto, per lo più sedendosi sul caldo parquet, perché tutte le sedie sono già occupate. È la voce gentile di Matteo – fatalità anch’egli, come gli iniziatori, studente di Medicina fuori sede – a dare il benvenuto ai giovani e a introdurre l’adorazione. «Se digitate sul motore di ricerca “Adoriamo insieme” vi comparirà come primo risultato il link della traccia di preghiera. Dopo aver caricato la pagina, vi invito a mettere lo smartphone in modalità aereo e ad abbassare la luminosità dello schermo per non disturbare voi e gli altri». Le chitarre intonano il canto di esposizione. «Apri i miei occhi, Signore. Aprimi gli occhi del cuor, voglio vederti. Voglio vederti» ripetono i giovani con delicatezza, mentre fra Nico lentamente pone l’ostensorio al centro dell’altare, alla vista di tutti.
Un nuovo canto di invocazione allo Spirito si leva, introduttivo dell’ascolto del Vangelo della domenica successiva. «Resterò qua a lasciarmi scavare dentro da te. Illumina tutto quello che trovi dentro di me» recita, rivolgendosi allo Spirito Santo, il testo di Parole e silenzi (Reale). Il ritornello, sulla bocca dei giovani, è pressante: «Voglio parlare con Dio, voglio sentirlo anch’io. Voglio parlare con Dio, lo voglio meritare anch’io». La «risposta» è il vangelo di Luca 5,1-11, la chiamata dei primi discepoli al lago di Gennèsaret, con la rassicurazione di Gesù a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
Dopo la proclamazione si apre uno spazio ampio di silenzio, per la riflessione e l’adorazione personale. Ampio significa che occupa almeno due terzi del tempo disponibile. I giovani sono raccolti e partecipi, tutto sembra dire che stanno gustando appieno questa occasione ritagliata in vite, come per tutti, spesso frenetiche e caotiche. Chissà se anche loro stanno rivolgendosi al Maestro con le parole di Pietro: «Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Saltare quel punto e virgola che separa stanchezza e fede. È tutto lì. Le preghiere spontanee ad alta voce che chiudono l’ora di adorazione sembrano confermarlo: «Perché io possa prendere sul serio la libertà e la pace che la tua presenza mi dà»; «Per le nostre vocazioni»; «Per i giovani che si sentono soli, Signore manifèstati nelle loro vite»…
Serenamente, dopo la reposizione, l’assemblea si scioglie, ma solo per ricomporsi con allegria in refettorio, dove, tra un dolcetto e una bibita, si passa al secondo tempo di «Adoriamo insieme», quello informale della fraternità. «Non sono due momenti disgiunti» spiega Elena, 22 anni, studentessa italo-brasiliana vicina al traguardo della magistrale in Psicologia clinica. «Viviamo insieme nello spirito del Signore sia quando preghiamo, sia quando, dopo, parliamo anche di argomenti frivoli o seri. “Adoriamo insieme” mi ha permesso di dare un nuovo volto alla fede. La fraternità, che tra noi giovani e con i frati viviamo, rappresenta per me una vera famiglia di cristiani che vogliono nutrirsi del Signore e crescere nella relazione con lui».
Per Francesco, studente 23enne di Scienze della formazione primaria, «“Adoriamo insieme” è un punto fermo intorno al quale riesco a far ruotare molti altri pezzi della mia vita. Per via del tirocinio, ho dovuto saltare tanti martedì e, tornando, mi sono reso conto di quanto mi fosse mancato. È un porto sicuro». C’è riconoscenza anche nelle parole di Marco, 31 anni, originario della provincia di Pistoia ma a Padova da due anni per fare ricerca nell’ambito dell’Ingegneria ambientale: «Ho conosciuto “Adoriamo insieme” grazie al profilo Instagram di Vocazione Francescana, il blog dei frati per i giovani “in ricerca”. Col tempo è diventato un irrinunciabile appuntamento con Gesù, che mi ricorda, ogni volta, quanto può ardere il cuore quando la fede è vissuta in comunione con gli altri».
«Adoriamo insieme» è per i fuori sede, ma anche per i padovani come Maria, 24 anni e una laurea in Filologia moderna: «Dopo un campo estivo organizzato dai frati, alcuni ragazzi mi hanno invitata. All’inizio partecipavo quando potevano loro, ma poi ho iniziato a sentir crescere la necessità di esserci sempre, perché percepivo la trasformazione che stava operando in me e il bene che mi faceva trascorrere quel tempo di silenzio davanti al Santissimo. Per me “Adoriamo insieme” è un dono di Dio, un tempo per ricaricarsi durante la settimana con tanti altri giovani che sono lì per lo stesso motivo, per poter stare con Gesù così come si è. E poi in questo ambiente ho potuto conoscere alcuni dei miei più cari amici, nella gioia e nella semplicità francescana che tanto mi colpiscono». Serve aggiungere altro? Segnatevi in agenda: martedì, ore 20.45, «Adoriamo insieme».
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