Alzati e vai!
Erano quasi 1.500 i giovani che stamane hanno incontrato papa Francesco nel campo antistante la Basilica di Santa Maria della Salute a Venezia. Il Pontefice, che era giunto in città in elicottero alle 8, e aveva già incontrato le detenute del carcere femminile della Giudecca e, a seguire, gli artisti della Biennale – dopo aver visitato il padiglione della Santa Sede, che si trova proprio all’interno dell’istituto penitenziario – è arrivato in leggere anticipo sulla tabella di marcia all’incontro con i ragazzi e le ragazze.
Accolto da canti, applausi, ovazioni e cori da stadio, papa Francesco ha rivolto ai giovani un discorso che si riallaccia a quello pronunciato quest’estate a Lisbona, alla GMG. «Vedervi – ha esordito il Pontefice – è bello. Trovarci insieme ci permette di condividere anche solo attraverso una preghiera, uno sguardo e un sorriso, la meraviglia che siamo. Non c’è cosa più bella». «Qui a Venezia, città della bellezza – ha proseguito il Papa – viviamo insieme un bel momento di incontro, ma stasera quando ciascuno sarà a casa, e poi domani e nei giorni a venire, da dove ripartire per accogliere la bellezza che siamo e alimentare la gioia?».
Due verbi, suggerisce quindi Francesco, possono venirci in aiuto: «alzarsi e andare», collegandosi così a quel versetto del vangelo di Luca (1,39), che aveva fatto da leit motiv alla GMG di Lisbona: «Si alzò e andò» (riferito a Maria). Siamo chiamati ad «alzarci da terra – ha sottolineato poi il successore di Pietro –, perché siamo fatti per il Cielo. Alzarsi per accogliere il dono che siamo, per riconoscere, prima di ogni altra cosa, che siamo preziosi e insostituibili». Ogni mattino, ha insistito il Papa, dobbiamo riconoscersi figli amati. E se capita a volte qualche giornata storta, in cui ci troviamo a combattere con una sorta di forza di gravità che butta giù e ci fa vedere ogni cosa grigia, chiediamo a Lui di rialzarci, di insegnarci a guardare a noi stessi con i suoi occhi, a guardarci come ci guarda Lui. «L’unico momento in cui possiamo guardare qualcuno dall’alto in basso – ha ricordato Francesco – è per aiutarlo a rialzarsi. Come fa il Signore con noi».
«Una volta rialzati – ha chiosato poi il Pontefice – tocca a noi restare in piedi: “rimanere” quando viene voglia di sedersi, di lasciarsi andare, di lasciar perdere. Non è facile, ma è il segreto di grandi conquiste. Si chiama costanza questo segreto. Oggi viviamo di emozioni veloci, di sensazioni momentanee, ma così non si va lontano. I campioni dello sport, gli artisti, gli scienziati ce lo mostrano: i grandi traguardi non si raggiungono in un attimo. E questo vale anche per la vita e per ciò che in essa conta: la fede e l’amore».
Occorre, ha proseguito ulteriormente il Papa, perseverare giorno dopo giorno e farlo insieme, perché il «fai da te» nelle grandi cose non funziona: «Per questo vi dico: non isolatevi, cercate gli altri, fate esperienza di Dio assieme, seguite cammini di gruppo senza stancarvi». Ma poi, ha detto Francesco, dopo essersi alzati, dopo aver riconosciuto la bellezza della vita e della nostra creaturalità, dopo aver incontrato gli altri, bisogna «andare».
«Se alzarsi è accogliersi in dono – ha concluso il Papa – andare significa farsi dono. Pensiamo al nostro Padre, che ha creato tutto per noi: e noi, suoi figli, per chi creiamo qualcosa di bello? Viviamo immersi in prodotti fatti dall’uomo che ci fanno perdere lo stupore per la bellezza che ci circonda, eppure il creato ci invita a essere a nostra volta creatori di bellezza, a fare qualcosa che prima non c’era. La vita chiede di essere donata, non gestita. Ragazzi, ragazze, non siate professionisti del digitare compulsivo, ma creatori di novità! Una preghiera fatta con il cuore, una pagina che scrivi, un sogno che realizzi, un gesto d’amore per qualcuno che non può ricambiare: questo è creare, imitare lo stile di Dio. È lo stile della gratuità che fa uscire dalla logica nichilista del “faccio per avere” e “lavoro per guadagnare”. Siate creativi con gratuità, date vita a una sinfonia di gratuità in un mondo che cerca l’utile. Allora sarete rivoluzionari. Andate e donatevi senza paura».
Il Papa ha quindi salutato i ragazzi invitandoli più volte, e facendolo gridare agli stessi presenti, ad «alzarsi e andare»: «Giovane che vuoi prendere in mano la tua vita, alzati, innamorati della tua vita e vai. Colora il mondo con la tua creatività, dipingi di Vangelo le strade della vita. Alzati e vai. Ascolta questa chiamata e custodiscila nel cuore…».
Le testimonianze
I ragazzi che hanno accolto Francesco, si sono «alzati e sono andati» con gioia, sin dall’alba di stamattina per raggiungere il luogo dell’incontro con il Pontefice, compito non facile in una Venezia presa d’assalto dai turisti e dai visitatori della Biennale in questo «ponte» festivo, in cui è difficile persino camminare nelle calli della città lagunare.
E questi giovani sono partiti anche da lontano. Come Martino e Cristina, scout di Rimini che con 25 altri compagni e compagne e i loro capi, sono partiti da Rimini per un cammino che li ha portati per poco più di una settimana a vivere a stretto contatto con la natura, nella bellissima laguna veneziana, e a incontrare, qui, oggi, il Pontefice. O come Valentina, ecuadoriana, e Perfay, congolese, entrambi studentesse qui a Venezia, e oggi giunte qui, con le bandiere dei loro Paesi, per accogliere papa Francesco. O, ancora, come i giovani della parrocchia di Santa Maria di Lourdes, di Mestre, giunti qui a sventolare lo striscione con cui si definiscono «Ultras mariani». O i giovani arrivati da Mira, nel veneziano, o dalla più lontana Jesolo: tutti qui «per sentire una parola di speranza dal Pontefice. In un momento in cui siamo circondati da guerre e cose brutte, lui ci ricorda che la speranza esiste e le cose possono cambiare», spiegano.
A loro fa eco don Marco Zane, giovane sacerdote della diocesi lagunare, e direttore del settimanale diocesano «Gente Veneta»: «La visita di papa Francesco è un’occasione per riscoprire la gioia della fede, per rilanciare l’entusiasmo per l’evangelizzazione. Perché la gioia contagiosa ci mette in movimento. Papa Francesco ci invita a passare dal dolore alla gioia, e lo fa utilizzando spesso le “categorie estetiche” della bellezza o, al contrario, della bruttezza, in un linguaggio semplice, ma non semplicistico, capace di arrivare a tutti. Perché, ci dice il Papa, la bellezza è una categoria capace di far emergere ciò che c’è nel cuore dell’essere umano».
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