È vero che nei conventi non c'è il riscaldamento?
«È vero che nei conventi non c'è il riscaldamento?» Voi forse non ci crederete, ma questa domanda ci è arrivata esattamente così come la leggete!!! E con questa tante altre: pare ci sia chi pensa che noi frati davvero viviamo di stenti e disagi! D’altra parte non è difficile incontrare anche chi pensa che viviamo da ricchi: «Voi della Chiesa siete sempre pieni di soldi!», ecc, ecc…
Parlare di povertà è sempre difficile, complicato. Di solito noi frati cerchiamo di evitare. Spesso la gente ha in mente l’immagine di un san Francesco povero fino all’osso, che vive di stenti e disagi, e la confronta con te, frate del 2000, che sei vestito bene e non ti manca niente… E allora che fare, cosa rispondere? Il dilemma (non serve nascondercelo) resta anche per noi: come vivere oggi quel particolare carisma di povertà che viveva Francesco? Anzi, prima di tutto: cosa voleva dire davvero «povertà» per Francesco?
Noi frati ce lo chiediamo, più e più volte, perché scelte di vita concreta ci si impongono quotidianamente, e ogni volta bisogna decidere: che soldi spendiamo? Quanti? Sono ben spesi? Ce lo possiamo permettere? Si potrebbero dire tante cose su questo tema, ma lo scopo di questi semplici post non è quello di fare un trattato sull’argomento. Allora condivido con voi solo due semplici aspetti.
Anzitutto sobrietà
Il primo aspetto è legato ad una parolina magica: sobrietà. Dentro questa parola ci può stare nascosto un intero stile di vita, che non c’entra necessariamente con la povertà, ma semplicemente con il cercare di stare al mondo senza «occupare troppo posto», rispettando le risorse che abbiamo, cercando di condividerle con chi ha bisogno, evitando gli sprechi e le ingiustizie.
Noi frati spesso ci troviamo a vivere in grandi strutture che il passato ci ha dato in eredità, magari ricolme di arte e bellezza, strutture da custodire e governare con sapienza. E poi ci troviamo tra le mani la sovrabbondanza della provvidenza, della generosità della gente, che siamo chiamati a ridistribuire il più possibile per chi ne ha bisogno intorno a noi.
Il rischio di «appropriarci» di tutto questo è dietro l’angolo. Francesco allora ci ha insegnato la restituzione: tutto arriva dalle mani del Signore, tutto lì va rimesso. Noi frati cerchiamo di fare la nostra parte, di vivere del nostro lavoro, di spendere il necessario, e di ridistribuire il resto. Sapendo bene che tutto dipende dal grande bene che ci vuole il Signore, attraverso le mani e gli occhi di tante e tante persone. Sapendo che niente ci è dovuto: tutto ci è dato gratis!
E poi carità
Il secondo aspetto è legato a un’altra parolina magica: carità. No, no, non gli spiccioli che si danno a qualcuno per strada solo per liberarsene. Carità nel senso di «attenzione affettuosa verso chi vive con te». C’è un famoso episodio della vita di Francesco che dice così: «Una volta un frate, uomo di profonda spiritualità e già da parecchi anni nell’Ordine, si trovava molto deperito e infermo. Francesco, al vederlo, ne ebbe compassione. […] Francesco si disse: “Se questo fratello mangiasse di buon mattino dell’uva matura, credo che ne trarrebbe giovamento!”. Un giorno si alzò all’albeggiare e chiamò di nascosto quel fratello, lo condusse nella vigna vicina e, scelta una vite ricca di bei grappoli invitanti, si sedette sotto assieme al fratello e cominciò a mangiare l’uva, affinché il malato non si vergognasse di piluccare da solo. Mentre faceva lo spuntino, quel frate lodava il Signore Dio. E finché visse, egli ricordava spesso ai fratelli, piangendo di tenerezza, il gesto affettuoso del padre santo verso di lui» [CAss 5; FF 1549]
Visto che roba! Proprio Francesco, che faceva a gara per chi riusciva a vivere con meno cibo possibile, scende a compromessi per un valore più alto: la malattia di un suo fratello! Ecco, questa è «carità fraterna», questo è amore reciproco, valore che viene prima e sopra qualsiasi scelta di povertà. Certamente stare dentro questi valori, giorno dopo giorno, non è facile, e tra noi c’è anche chi si lascia «prendere la mano»… Però ancora una volta la fraternità è l’antidoto migliore: ci chiede di mettere tutto in comune, aiutandoci a vicenda nelle scelte di ogni giorno, per provare davvero a vivere come Gesù, tutto per gli altri!
Che ne pensi di questo luogo comune su noi frati? Se hai domande, scrivimi pure a franico@vocazionefrancescana.org
A presto, una preghiera!
fra Nico
PS. Qui, qui, qui, qui e qui puoi leggere gli altri luoghi comuni sui frati francescani!
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