La rivoluzione della cura
Quella raccontata in queste pagine da Massimo Orlandi è una rivoluzione che vuole riconnetterci alla nostra umanità più profonda. La rivoluzione che da anni ha avviato Lorena Fornasir, la donna che, insieme con il marito Gian Andrea Franchi (e poi, col tempo, affiancata dai volontari di Linea d’ombra, l’associazione da lei fondata, e da molti altri e altre), si prende cura dei migranti che giungono a Trieste attraverso la cosiddetta rotta balcanica, un percorso che li conduce in Italia partendo da Afghanistan, Pakistan, Siria, Iraq, Bangladesh, Iran (questi i Paesi da cui proviene la maggior parte di essi), dopo aver attraversato a piedi mezza Asia ed Europa, in un «game» (così viene chiamato l’ultimo tratto di cammino: un «gioco» terribile) che offre in premio la vita.
Ha cominciato parecchi anni fa, Fornasir, a occuparsi di migranti, quando ha capito che verso di loro si stava compiendo una delle più grandi ingiustizie del nostro tempo. E così, ancora oggi, ogni sera, che nevichi o che ci siano 40 gradi, arriva nella triestina piazza della Libertà, da tutti ormai ribattezzata piazza del Mondo, trainando un carrettino verde carico di medicine, disinfettanti, garze, per poi curare per ore i piedi piagati di questi giovani, a volte bambini di 12, 13 anni. Mentre altri, attorno a lei, distribuiscono cibo, abiti, coperte e, soprattutto, scarpe per continuare il cammino, perché Trieste per la maggior parte di questi ragazzi è solo una tappa intermedia.
Difficile riassumere la ricchezza di queste pagine. Ci si emoziona leggendo il racconto, che Orlandi ci consegna, di tante vite devastate dal dolore, ma indomite nella speranza. Ci si emoziona, leggendo la storia di determinazione di una donna già in là con gli anni, che si rifiuta di non riconoscere in chi arriva un essere umano, cercando di organizzare per lui, anche solo per poche ore, forme di vita comune che siano basate sul prendersi cura gli uni degli altri. Perché è questa la rivoluzione della cura: «Ricominciare a scrivere il libro del mondo a partire dall’inizio, da quel gesto primario che compie una mamma verso il suo bambino». Un gesto in cui «c’è l’energia che mette in moto la vita, che la permette, che la sostiene». Un’energia che ha un nome impegnativo, ma «necessario, meraviglioso», perché «è la parola del principio. E dell’essenza. È la parola amore».
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