Perché il martedì è di Antonio?

Martedì e venerdì sono giornate che ritornano spesso nell’universo della devozione antoniana. E poi, l’immancabile numero «13». Scopriamone insieme il perché...
21 Maggio 2025 | di

I martedì e i venerdì in Basilica del Santo a Padova sono giornate speciali. Antoniane. Lo sa bene chi partecipa alla santa Messa vespertina, o chi vi assiste a distanza grazie alla sempre seguitissima diretta televisiva e sui canali social del «Messaggero di sant’Antonio». Ogni martedì, i frati e i fedeli concludono la celebrazione della sera portandosi all’Arca del Santo, dove pregano la Tredicina di sant’Antonio; al venerdì, invece, sempre alla Cappella dell’Arca, ecco la rievocazione del Transito. Questa è la sana – santa! – consuetudine di tutto l’anno, a meno che il martedì e il venerdì non coincidano con una grande festività, come è il caso del prossimo 15 agosto, festa dell’assunzione di Maria, che cade di venerdì. 

Alcuni di questi martedì sono poi speciali e indicati come «maggiori»: sono i tredici (ancora questo numero…) martedì che precedono la festa di sant’Antonio del 13 giugno, a partire da metà marzo in avanti. In alcune chiese francescane e antoniane nel mondo, questi giorni sono conosciuti come «martedì maggiori»; altrove, e anche in Basilica del Santo, come «i 13 martedì», dal 2015 valorizzati pastoralmente con la pubblicazione di un libretto tematico, a cura del «Messaggero di sant’Antonio», che aiuta a viverli al meglio. Scaricabile gratuitamente dal sito www.santantonio.org, il testo è accompagnato anche da 13 brevi video-meditazioni proposte da altrettanti frati conventuali e ispirate al tema dell’anno. Nel 2025, ecco presentati una serie di «pellegrini di speranza», «persone che hanno dato un contenuto particolare alla speranza, vivendo fino in fondo il sogno che avevano nel cuore e pagandolo talvolta a caro prezzo», come si legge nell’introduzione del libretto. 

I giorni «speciali»

Ma facciamo un passo indietro. Martedì, venerdì: da dove nascono e perché? E poi la Tredicina… In altri casi di feste religiose si parla di «novena», riferendosi ai nove giorni in vista della ricorrenza liturgica che si vuole solennizzare, oppure «triduo», ma a tredici si arriva solo per sant’Antonio. Partiamo dal venerdì. Era un venerdì quel 13 giugno 1231 quando frate Antonio spirò, giunto all’Arcella proveniente da Camposampiero, proclamando: «Vedo il mio Signore!». «La funzione del Transito era già in uso nel 1600» segnala il libro Celebrazioni antoniane (Emp 2008) per bocca di fra Enzo Poiana († 2019), al tempo rettore della Basilica. 

Nello stesso testo troviamo ben spiegata anche l’origine della «specialità» antoniana del martedì, che «richiama il giorno della traslazione del corpo del Santo dall’Arcella, luogo della sua morte, alla chiesetta di Santa Maria Mater Domini, più tardi incorporata nella Basilica e corrispondente all’attuale cappella della Madonna Mora», dove esplicitamente Antonio avrebbe desiderato giungere, sentendo approssimarsi la morte. Fu qui sepolto martedì 17 giugno 1231, e le cronache ci riportano che «subito, quello stesso giorno, furono portati (presso la tomba) moltissimi, afflitti da varie infermità, i quali, all’istante, per i meriti del beato Antonio, furono restituiti allo stato di salute precedente» (Vita Assidua, X, 1-2), dando il via a quelle grazie prodigiose per intercessione del Santo che ancora proseguono. Lo scritto di fra Enzo Poiana fornisce un altro dato, riguardo alla Tredicina e al Transito: «Anche se i documenti storici di queste due celebrazioni risalgono solo ai secoli XVII e XVIII, si è certi che esse hanno un’origine più antica, che alcuni studiosi collocano addirittura tra il XIII e XIV secolo». 

Una possibile traccia sull’origine dei «13 martedì» è quella riportata da Evio Mancini nel suo Tredici martedì con sant’Antonio (Edizioni Palumbi, 2018), dove si legge: «Nell’anno 1617, una pia e devota donna di Bologna, ricorrendo al patrocinio di sant’Antonio per una grazia che le stava particolarmente a cuore, ebbe, una notte, la visione del Santo che le disse: “Visita per nove martedì la mia immagine nella chiesa di San Francesco e sarai esaudita”. (…) Ebbene, al termine dei nove martedì la preghiera, il desiderio e l’ardore di quella donna furono esauditi. Un bambino, dopo vent’anni di matrimonio, veniva a rallegrarle la casa e a portare la pace in famiglia. I martedì furono, dai devoti, portati al numero di 13 in ricordo del giorno della morte del Santo». Non è possibile verificare se davvero questa sia la fonte di tale preghiera, e tuttavia qualcosa in più si può dire a proposito della questione del «13». Certo, verrebbe semplice associarlo al giorno del transito e basta. Ma sarebbe un debole unicum che non si applica a nessun altro caso conosciuto. Per dire dell’esempio già citato: non risulta esistere la «quindicina» in preparazione alla festa dell’Assunta del 15 agosto, ma «solo» la novena. 

Il fatto è che quella di Antonio da Lisbona è stata una delle canonizzazioni più veloci della storia cristiana: a nemmeno un anno (per la precisione il 30 maggio 1232) dalla morte, la Chiesa riconobbe le sue virtù eroiche e lo proclamò santo a opera di papa Gregorio IX, nel duomo di Spoleto. Dal giorno successivo, i padovani – e tutti i devoti – poterono iniziare a celebrare il loro amato frate Antonio con il titolo di santo, già una tredicina di giorni prima del 13 giugno, anniversario della sua nascita al cielo. E tredici furono i giorni necessari alla delegazione padovana per risalire l’Italia con la bolla papale di canonizzazione Cum dicat Dominus e portarla fino a Padova, in tempo per quel primo 13 giugno di festa. 

A Gesù, attraverso Antonio

Se queste buone pratiche di preghiera affondano le loro radici nella vita stessa di sant’Antonio, hanno tuttavia conosciuto alterne fasi di sviluppo e di vitalità nel corso dei secoli, come racconta fra Andrea Vaona, storico della Chiesa, della fraternità del Santo: «Da quanto ricordo, un anno spartiacque nella proposta pastorale antoniana in Basilica è stato il 1995, ottocentenario della nascita del Santo. Da allora si cominciarono a riproporre le celebrazioni tipiche del martedì e del venerdì, mentre negli anni precedenti ci si limitava alla Tredicina in preparazione del 13 giugno. Ancora più recente è la ripresa dei 13 martedì, altra occasione per scandire il tempo che ci è donato con una pratica semplice, gestibile in maniera autonoma nell’arco della giornata, in collegamento di preghiera con tante altre persone che si lasciano ispirare dalla testimonianza santa di Antonio».

Un filone, quello delle cosiddette «devozioni», che sembra quindi ancora parlare all’uomo contemporaneo, complici pure le nuove tecnologie. Precisa frate Andrea: «Dal Medioevo al Concilio Vaticano II, per la gran parte delle persone il limite linguistico del latino nella liturgia e nell’accesso alla Parola di Dio era invalicabile. Inoltre, l’obbligo domenicale si univa all’obbligo del digiuno dalla mezzanotte; di conseguenza tutte le Messe venivano celebrate al mattino, lasciando il pomeriggio libero per altre espressioni di fede in lingua volgare: catechesi per bambini e per adulti, predicazioni, devozioni, vespri solenni… Dalla riforma liturgica del Concilio, il centro della formazione cristiana proposta dalla Chiesa sono le liturgie, comprensibili e partecipate. Ma secondo me è bello pensare che, oltre a questa base comune, ci siano anche devozioni approvate dalla Chiesa nei confronti della Madonna, di sant’Antonio, del Cuore di Gesù e via dicendo, che risvegliano e mediano alcune tematiche specifiche dandoci un aggancio comunque sempre a Cristo. Questo vale anche per l’amicizia particolare con sant’Antonio. Rimane così valida l’intuizione di papa Pio XI: “Per Antonium ad Jesum”».

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Data di aggiornamento: 07 Maggio 2025
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