A proposito di turismo...
È come se si fosse superato un limite, una linea rossa. Come se la pazienza di molte comunità, di molti cittadini si fosse esaurita. Questi mesi estivi hanno visto vere e proprie rivolte contro il turismo, contro quello che, da qualche anno, viene chiamato overtourism. Migliaia di persone infuriate, in corteo, alle Canarie e a Palma di Maiorca; pistole ad acqua contro i turisti a Barcellona. Il sindaco di Santorini, in Grecia, che consiglia ai suoi cittadini di rimanere a casa perché ci sono ondate di turisti in arrivo. Sempre in Grecia si utilizzano i droni per scovare occupazioni abusive delle spiagge. La protesta più originale e costante avviene nel mare del Nord, in Germania, nell’isola di Sylt, luogo di un turismo elitario e lussuoso: disciplinati gruppi punk vi organizzano, da tre estati, concerti e campeggi. E poi scritte sui muri: già celebre una foto scattata a Barcellona, «Tourist, your luxury trip, my daily misery».
A Firenze sono apparse altre scritte, «Tourist go home», attorno al Duomo e a Palazzo Vecchio. A Venezia si calcola che vi sia una densità di cinquemila turisti per chilometro quadrato. E sembra non esserci scampo anche fuori dai circuiti più tradizionali: nel 2002 George Clooney comprò casa sulle sponde del lago di Como, fu il primo passo, lo scorso anno quasi cinque milioni di persone hanno pernottato in ville e alberghi del lago, oramai diventato una top location per investimenti immobiliari. Indiani, australiani, arabi lo scelgono per i loro maestosi matrimoni. Genova, Napoli, Alghero, Taormina, perfino Bologna, stanno cambiando (hanno già cambiato) volto con l’invasione dei turisti. Prezzi delle case alle stelle, affitti brevi, scomparsa delle botteghe di vicinato: sono le trasformazioni inevitabili già avvenute nelle nostre città. «Si è formato un nuovo ceto sociale di piccoli redditieri», dice Federico Fubini, inviato ed editorialista del «Corriere della Sera»: è una geografia di minuscoli appartamenti affittati ai turisti, è un’economia di rendita.
In Italia nei primi tre mesi di quest’anno, a leggere le statistiche, le presenze turistiche sono aumentate del 14%, i turisti hanno speso il 20% in più rispetto allo scorso anno. Il turismo ha rappresentato il 15% del Prodotto Interno Lordo: rischia di scavalcare la ricchezza prodotta dall’industria e dalle costruzioni, che, al contrario, sembrano ferme.
C’è una via di scampo? Nel 1998, il primo aereo di RyanAir atterrò all’aeroporto di Treviso. In venticinque anni vi sono transitati mezzo miliardo di passeggeri. Nel 2008, sbarcò in Italia Airbnb. E tutti fummo felici: si volava in Europa con pochi soldi ed era più facile trovare una camera. Non ne capimmo le conseguenze, e tutti noi godiamo di questa oramai abitudinaria comodità. Quasi nessuno va più al ristorante senza prima consultare TripAdvisor. Vale anche per gli alberghi. I motori di ricerca suggeriscono sempre di andare negli stessi luoghi, «le dieci cose da non perdere». I turisti, esausti, si affidano a queste mappe. Dove tutto è già pronto e comodo. Gli algoritmi decidono dove dobbiamo andare e quando. Siamo nelle mani di un mondo digitale incontrollabile.
Attenzione, tiriamo il fiato. È altrettanto vero che un mondo senza turisti sarebbe «peggiore». Impedire di viaggiare, spostarsi, conoscere sarebbe una tirannia. Certo, il turismo appare come un’industria «pesante», inquinante, predatoria. Ma ignorare che è anche libertà, democrazia, cultura sarebbe solo miope e ingiusto. È la contraddizione, grande come una nave da crociera, del tempo che stiamo vivendo. Dobbiamo anche ammettere che «siamo tutti turisti». Facile scrivere: «Mettiamo divieti» o «Alziamo i prezzi». Il biglietto di ingresso a Venezia non ha scoraggiato i turisti. È altrettanto facile scrivere: «Dobbiamo governarlo» o pretendere che «si rimanga sempre a casa». In questa estate, che sta finendo, la ribellione diffusa contro il turismo che attraversa le città europee è un forte richiamo. Pretende attenzione, cura, impegno, fantasia.
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!