Sant'Antonio, il triestino
Trieste, non distante dal centro storico, non distante dal mare. Un anonimo palazzo di via del Molino a Vento, ex ospedale infettivi della città, ospita ora il Centro di salute mentale «Maddalena». Proprio dirimpetto, attraversata la strada, una nicchia sul muro d’angolo di un altrettanto anonimo palazzo, una finestrella poco leggibile, anzi imbrattata di vernice; dietro la fitta e sporca inferriata a ben guardare qualcosa si intuisce, una statuetta forse. Così fino a pochi mesi or sono. Oggi quell’angolo è irriconoscibile. O meglio: è tornato riconoscibile. Al posto del grigio, spicca l’azzurro del cielo dipinto sullo sfondo, perché la finestrella è un’edicola e la statua è un sant’Antonio che porge il pane a un povero, mentre il Bambinello in braccio al Santo benedice il pane stesso, il povero, il gesto, chissà. A ornamento, due vasi ricavati da bombe della seconda guerra mondiale, qui posti a monito e come ringraziamento, perché il palazzo venne risparmiato dalla distruzione. Chi se li ricordava più?
La sistemazione dell’edicola antoniana di via del Molino a Vento è la quarta che Trieste registra nel giro di breve tempo. Ha fatto parlare di sé, in estate, l’inaugurazione di un altro «occhio azzurro», la rinnovata nicchia votiva in piazza Garibaldi, in un rione difficile «dove risse e aggressioni sono all’ordine del giorno e lo spaccio di droga è l’attività più redditizia» chiosa «il Piccolo», lo storico quotidiano di Trieste, nell’articolo a tutta pagina che dà conto dell’evento. Anche qui, il «nuovo» sant’Antonio è stato colto come segno di speranza, di rilancio, di ripartenza. «Le edicole sono sempre state come piccoli fari che guariscono i posti, come sorgenti di acqua limpida che lava via il torbido. Sant’Antonio è una stampella che ci aiuterà nel percorso di recupero urbano e umano di questa zona» commenta don Roy Benas, parroco di Santa Teresa del Bambin Gesù, benedicendo la statua, la piazza, il quartiere.
Riciclare per ripartire
Ma chi c’è dietro il «risveglio» antoniano nel capoluogo giuliano? Per raccontare questa storia, che certo piacerebbe ad Antonia Arslan, autrice della nostra pluridecennale rubrica Vagabondaggi antoniani, dobbiamo fare un passo indietro. È proprio una questione di passi, in effetti: quelli da pellegrini a piedi tra Gemona del Friuli e Padova nell’ottobre-novembre 2021 lungo il Cammino di sant’Antonio, in occasione degli anniversari della vocazione francescana di frate Antonio, del suo primo arrivo in Italia, del suo incontro con san Francesco ad Assisi. Ad animare le iniziative, sfociate poi nel lungo cammino dalla Sicilia a Padova nell’estate successiva, il progetto Antonio 20-22 dei frati conventuali del Nord Italia.
Nel gruppo tra Gemona e Padova si era fatta pellegrina anche Patrizia Cavalli, francescana secolare della fraternità di Santa Maria Maggiore di Trieste: «Di sant’Antonio non sapevo granché, l’ho scoperto proprio camminando. Rientrata a casa, mi è sembrato naturale lasciare ferma il più possibile l’auto e continuare a spostarmi a piedi per la città. Così ho cominciato a rendermi conto come il sant’Antonio che pensavo di aver lasciato in Basilica a Padova in realtà continuavo a incontrarlo in tanti angoli delle strade. Casualmente, l’occhio mi cadeva sempre lì, su queste edicole votive. Ho cominciato a fotografarle e a inviare le immagini agli amici della mia fraternità dell’Ordine francescano secolare (Ofs, ndr), così per gioco. E per gioco anche gli altri hanno preso a fare lo stesso, in una specie di caccia al tesoro che ci ha appassionato».
Nel giro di qualche mese, le ricerche si sono estese anche alle 60 parrocchie della città (le chiese sono ben di più, però), dove, con rarissime eccezioni, un’immagine di sant’Antonio c’è sempre. In totale, la fraternità ha recensito 25 edicole e 74 altre raffigurazioni nelle chiese, per un totale di 99 «sant’Antonii». Un librettino autoprodotto li mostra uno a uno, collocandoli al loro posto nella mappa della città. Salta agli occhi già dalle foto: alcuni non godono di ottima salute… Servirebbe restaurare almeno i più degradati. Già, ma con che fondi? E qui… viene in aiuto la Bora. «I triestini sanno – racconta Patrizia – che quando piove mentre soffia la Bora, l’ombrello non si deve aprire, altrimenti in un attimo si sfascia. I turisti invece lo ignorano, e così ogni volta i cestini della spazzatura si riempiono di ombrelli distrutti». È un peccato, perché quella stoffa impermeabile e resistente meriterebbe un’altra opportunità… Alla fraternità viene allora in mente di riciclarla, ricavandone borse resistenti che vengono poi vendute per beneficenza. O – perché no? – per sistemare un’edicola di sant’Antonio… Prosegue Patrizia: «Coinvolgiamo la parrocchia corrispondente presentandoci, raccontando dell’iniziativa, offrendo poi le borse al termine della Messa. Prima di iniziare, abbiamo già in mano un preventivo di spesa per la sistemazione dell’edicola. La prima volta, quanto raccolto corrispondeva esattamente. Che caso, ci siamo detti. Nella seconda occasione, di nuovo la cifra era proprio quella necessaria. Ma è poi successo anche per la terza edicola, e allora… pazzesco!».
L’esito è un vortice di bene che coinvolge tutti i protagonisti di questa storia. Sono soddisfatti i condomini dei palazzi nei quali le edicole sorgono: nessuno voleva sobbarcarsi la spesa dell’intervento. Sono contenti i fratelli e le sorelle della fraternità Ofs di Santa Maria Maggiore («siamo una decina di persone, non pensare a grandi numeri» precisa Patrizia), perché sentono di essere stati strumenti di un’iniziativa bella e buona che con creatività concretizza il «pace e bene» francescano, del quale tanti potranno godere. E sono infine grate le persone che quelle strade le frequentano. «Quando all’inizio ci rivolgevamo ai parrocchiani, tanto erano malmesse le edicole che non ne conoscevano nemmeno l’esistenza. Adesso, ci confidano che quando passano davanti al Santo una preghiera la recitano, perché ora lo vedono. Ed è bello, perché sant’Antonio è tra le case, dove la gente va a fare la spesa, va a scuola, va al lavoro… Ormai passare a salutarlo è diventato per tanti un po’ un appuntamento».
Così succede pure per il rinnovato sant’Antonio di fronte al Centro di salute mentale «Maddalena». Patrizia ricorda bene le parole rivolte loro in confidenza da alcuni operatori e medici, all’inaugurazione: «Guardate, voi non vi rendete neanche conto di quello che state facendo. Per noi è una benedizione, perché vedere sant’Antonio ogni volta che apriamo il portone del Centro ci infonde forza, fiducia e speranza».
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!