Storythinking

Spesso si è pensato che la narrazione fosse semplicemente il modo di comunicare le cose, ma che solo l’intelligenza logico-critica fosse quella veramente capace di far crescere il sapere e la conoscenza dell’uomo. In realtà le storie non servono solo per essere raccontate, ma servono per pensare. La logica si muove sul piano del presente e della contemporaneità; non funziona con la causalità e la previsione. Essa si basa solo sul sillogismo, non riesce a descrivere compiutamente delle azioni; è abile nel mostrare che “questo equivale a quello”, ma non nel comprendere i processi causali. Il libro si propone di affinare la capacità di storythinking come modalità essenziale della crescita umana.
L’autore affronta, con uno stile narrativo, diversi aspetti della questione. Anzitutto, a livello antropologico, come modo di comunicazione, la narrazione è relativamente recente, ma è antica come modalità di pensiero, in quanto ha a che fare con l’azione stessa (e il movimento nell’essere umano è precedente al pensiero). Le scoperte in campo anatomico, soprattutto relative al cervello e alle sinapsi, hanno mostrato come il suo funzionamento non sia totalmente elettrico, come un computer, ma ha delle parti chimiche non riconducibili a dinamiche logiche di inferenza.
Anche nel campo educativo, la narrazione è stata relegata a un ruolo minore, pensando che l’interpretazione fosse un processo essenzialmente logico, sviluppabile attraverso la semiotica. Ma le storie (e anche la nostra) non sono fatte solo di parole e significati, ma di azioni e personaggi: hanno quindi una dimensione temporale che non è logicamente inquadrabile, se non con delle semplificazioni riduttive. Le stesse scoperte scientifiche non sono frutto della raccolta di milioni di dati, ma nascono spesso da un’intuizione che apre una via. La questione, pertanto, non è ottenere solo un prodotto narrativo (tipico della comunicazione), ma un processo narrativo per navigare le possibilità della vita.
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