Gaza, san Francesco e il lupo di Gubbio
La storia del lupo di Gubbio, così come la leggiamo nella bellissima pagina poetica dei Fioretti, ci indica delle strade di pace. Non è una storia facile, ma un episodio pieno di dolore e di coraggio, un coraggio che oggi è quanto mai necessario per tracciare strade di pace nell’immensa tragedia che è Gaza. E, soprattutto, sul suo futuro. Prima di tutto, va ammirato il coraggio straordinario di Francesco, che affronta il lupo «ferocissimo»: è un po’ come se oggi il santo accettasse di entrare in Gaza. Egli non si tira indietro, ma lo affronta con un bel pezzo di pane. Il lupo si avvicina, cerca di spaventare Francesco, ma questi resta immobile, non fugge. E il lupo, perciò, si china ai suoi piedi, silente. Ed è allora che il santo coglie l’occasione per rimproverare aspramente la bestia feroce per la strage che ha fatto, per il male compiuto. Ed essa, inaspettatamente, pare recepire la lezione, con chiari segni di consenso del capo.
Ma è proprio in quel momento che il santo rivela la sua chiarezza interiore, perché di fronte alla ferocia ben visibile dell’animale, esce in un’affermazione educativa e penetrante: «Io so perché tu sei cattivo! Tu sei cattivo, perché sei affamato!» dice al lupo. Che è come dirgli: non sei cattivo per natura, sei stato costretto a diventarlo. Francesco scava nel cuore dell’animale, cogliendo l’ingiustizia da lui subita. Non lo rimprovera, ma lo comprende. E apre, subito dopo, la strada della redenzione vera, lungimirante, invitando ogni cittadino di Gubbio a offrire al lupo affamato un pezzo di pane ogni giorno. Perché è la fame che genera guerre. Vinta la fame, il lupo cambia. Come dice il testo, «il detto lupo vivette due anni in Gubbio ed entravasi domesticamente per le case, a uscio a uscio, senza far male e senza esserne fatto a lui». (FF 2852)
Gaza oggi è quel lupo ferocissimo, costretto però alla fame da un’ingiustizia perpetuata. Non serve domare i responsabili politici. Occorre creare una cultura di pacificazione popolare che renda possibile la convivenza fraterna, tramite il cibo, le medicine, il carburante, l’acqua. Per tutti. È il metodo che va cambiato, imparando anche dal racconto dei Fioretti: affrontare, parlando in profondità, per cogliere che la cattiveria è sempre frutto di ingiustizie subite. Un pezzo di pane generosamente offerto, aprendo l’uscio di casa, è la sola strada della pace. Altrimenti tutti quei bambini feriti oggi, saranno potenziali terroristi domani. Altri lupi feroci. E la stessa vittoria militare servirà a ben poco. Questo significa, per esempio, non ripetere l’errore americano di combattere solo Bin Laden, perché è la democrazia di un popolo che va ricostruita, partendo dal «pane» donato sull’uscio di casa. Perché solo allora, realmente, come sognava Isaia, le spade saranno trasformate in vomeri e nessuno si eserciterà più nell’arte della guerra (cfr. Is 11,6 e 2,4). Non ci possono essere, dunque, cittadini di serie A e di serie B. Ma due popoli, in due Stati, che reciprocamente si riconoscono e si accolgono. Solo così il nemico scompare.
Perenne è dunque la strada indicata da frate Francesco. Non strategie militari, ma sentieri politici, che guardano al dopo Gaza. Quando le armi taceranno. Allora dovranno aprirsi i cuori, le scuole, i cantieri, gli ospedali. Ma questo miracolo sarà possibile a Gaza se avverrà quello che è stato fatto a Gubbio: ciascuno deve offrire un pezzo di pane, giorno per giorno, al lupo affamato. Da feroce egli si fa amabile, «poiché, nutrito, non aveva più fame!». Tutti l’hanno cambiato. È la giustizia riparativa. Popolare, perché è un popolo che cambia un altro popolo, con le spade già trasformate in vomeri e le lance in falci. Alla scuola di frate Francesco, come già un tempo.
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