Natale all'estero
Canada
Apriamo i nostri cuori
Di Vittorio Giordano
Un Natale aperto sul mondo, curioso, condiviso con una «famiglia allargata», composta da amici di varie provenienze. È quello di Francesco Esposito e Daniela Fiorentino, una giovane coppia emigrata a Montréal da Napoli nel 2017. Genitori di Edoardo (11 anni) ed Emanuele (1 anno e mezzo), Francesco è organizzatore di eventi, Daniela è cantante, attrice e animatrice radiofonica. Per almeno 8 mesi all’anno, a Montréal c’è nonna Rosaria, mamma di Francesco, «un valore aggiunto essenziale per trasmettere ai bambini la lingua e la cultura italiana». Francesco e Daniela hanno saputo adattarsi alla realtà nordamericana. Con un approccio estroverso ed esplorativo. «Siamo molto socievoli e curiosi – raccontano – e abbiamo costruito amicizie intense e sincere. È con questi amici che oggi trascorriamo il Natale a Montréal. Sono giovani coppie italiane come noi, italo-canadesi di vecchia data, ma anche famiglie greche o argentine». Non ci sono legami biologici, ma una profonda sintonia affettiva e intellettiva.
All’inizio, però, non è stato facile. «Nei primi Natali, ci riunivamo soprattutto con italiani appena arrivati, e provavamo a ricostruire un focolare natalizio. Ma era solo un palliativo». Una disillusione che Francesco e Daniela hanno superato: inutile cercare di riprodurre il Natale italiano, meglio viverlo alla canadese, mischiando le proprie tradizioni con quelle degli altri. «Noi, per esempio – racconta Daniela – coinvolgiamo tutti con la tombola e ci divertiamo a spiegare il significato dei numeri attraverso la smorfia napoletana». Anche replicare le tradizioni a tavola non è facile: «Veniamo da una città in cui mamme e nonne ci hanno viziato con piatti fatti in casa, difficili da realizzare qui», ammette Francesco. Per non parlare dell’atmosfera: «Ricordo tavolate di 30 persone, oggi invece le famiglie si sono assottigliate. Sono cambiati i tempi». «Oltre alla lontananza da affetti e luoghi cari, c’è pure quella da tempi che non torneranno più, anche perché, alla fine, siamo noi a essere cambiati – aggiunge Daniela –. I 7 mila chilometri di distanza, a Natale sono un pugno allo stomaco, soprattutto per i nipoti che non possono stare con i nonni». «Le videochiamate aiutano, ma ci piacerebbe tornare più spesso in Italia. Il Natale a Montréal è attraversato da un filo di nostalgia», evidenzia Francesco.
«Poi in Italia le feste durano fino al 6 gennaio – gli fa eco Daniela –: per 15 giorni, fino alla Befana, c’è un clima adrenalinico, si sta sempre in giro, con familiari e amici». «E questo anche grazie al clima mite – puntualizza Francesco – ben diverso dai meno 30 che si registrano a Montréal». «Delle festività nordamericane non apprezzo le foto dei bambini nei centri commerciali con Babbo Natale che per me deve restare una figura immaginaria – riprende il filo Daniela –. Inoltre l’esasperazione del consumismo tende a esaurire la magia di questa ricorrenza nel momento stesso in cui si scartano i regali». Alla fine, la chiave di volta è la curiosità: «All’estero, piuttosto che replicare un Natale che non si può esportare – concludono Francesco e Daniela – preferiamo viverlo aprendo i nostri cuori, mostrando le nostre tradizioni e scoprendo quelle degli altri».
Belgio
Natale in salsa Ue
Di Generoso D'Agnese
«Ho lasciato l’Italia nel 2006 per una combinazione di ragioni lavorative e affettive. Solitamente, ho sempre passato parte del periodo natalizio in Italia con i miei parenti stretti. Poiché mia moglie non è italiana, spesso abbiamo diviso il periodo delle feste in due parti: una in Italia e una nel suo Paese. La lontananza da casa si è fatta sentire tantissimo nei primi anni, ma poi si è affievolita. Ora mi sento a casa in Belgio. Ho qui gran parte delle mie conoscenze e degli amici, anche se vado in Italia appena mi è possibile. I miei figli adorano l’Italia e non vedono l’ora di tornare per abbracciare i nonni». Dopo la laurea in giurisprudenza conseguita alla Luiss di Roma, Raffaele Di Giovanni Bezzi si è specializzato all’Università Erasmus di Rotterdam. Nella stessa università romana ha conseguito il dottorato nel settore Antitrust e concorrenza, e ha deciso di trasferirsi da Teramo a Bruxelles per accettare il lavoro di funzionario della Commissione europea, e per occuparsi proprio della concorrenza.
«Per me l’importante è stare insieme ai miei cari e passare del tempo con loro – ammette –. La tradizione che mi piace rispettare è quella di stare a tavola con i miei familiari e con i miei amici per assaporare, se possibile, le pietanze tipiche della mia terra d’origine. Stare lontani da casa è una medaglia a due facce. Il lato positivo è sicuramente dato dall’aspetto professionale. Lavorando a Bruxelles nell’ambito degli affari europei, ho avuto accesso a opportunità interessanti e a un network di professionisti o comunque di persone di diverse nazionalità. Far parte di un team internazionale ha sicuramente aumentato le mie conoscenze, aprendomi nuovi orizzonti culturali e professionali, e arricchendomi dal punto di vista umano. L’aver abbandonato il mio Paese, la famiglia e gli amici italiani è stato, d’altro canto, molto duro, e rappresenta il risvolto della medaglia anche se, dopo i primi anni di ambientamento, tutto è diventato più normale e adesso non posso dire di soffrire di nostalgia».
Brasile
Saudade natalizia
Di Generoso D'Agnese
«Sento fortemente la mancanza del “nostro Natale”: quella somma di usi, costumi e tradizioni che si inseriscono nel clima invernale e che rendono il periodo festivo carico di gioioso mistero» ci confida Marika Avezzù che ha scelto il Brasile per il proprio progetto di vita, e lo ha fatto prima come studentessa, e ora come moglie e mamma. Professoressa di italiano in una scuola del Circolo italiano di Santa Catarina, vive a Biguaçu, una città dell’area metropolitana di Florianopolis, e con sé ha portato le proprie tradizioni veneziane e trevigiane.«Sono nata a Venezia e sono cresciuta a Treviso. Per noi il periodo autunnale e natalizio fa rima con la festa di San Martino, con il calendario dell’Avvento, con il sentimento religioso che trova il suo contraltare nella convivialità. Festeggiare qui il Natale con il caldo toglie gran parte di questa atmosfera. Mi mancano i tortellini in brodo, ma cerchiamo comunque di mantenere vive le nostre tradizioni, soprattutto la sera della vigilia».
Marika è sposata con Rafael Rodrigues ed è mamma della piccolissima Raffaella. Prosegue i suoi studi con la specializzazione magistrale all’Universidade Federal de Santa Catarina, dividendo il suo cuore tra il proprio futuro sicuramente brasiliano, e il proprio passato carico di tradizioni.«Quando sento salire nel cuore la famosa saudade (la nostalgia, ndr) cerco di distrarmi guardando i video della mia terra sui social, chiamando mia nonna e approfondendo la storia e la cultura delle mie origini. Provo molta nostalgia per Venezia e per il mio Veneto. L’amore per le mie radici cerco di trasmetterlo anche ai miei allievi, insegnando loro non solo la grammatica ma anche tanti aspetti della cultura italiana, affinché possano prendere coscienza del loro ricchissimo retaggio culturale». Marika manca dal Veneto dal 2015. «Come studentessa non potevo permettermi di tornare. Poi è arrivata la pandemia che ci ha bloccati per due anni e, infine, la mia vita è radicalmente cambiata con il matrimonio e la maternità. Ho dovuto crearmi una quotidianità tutta mia per sentire meno la malinconia. La fusione delle culture è anche alla base delle nostre feste natalizie».
Puoi leggere gli altri contributi relativi al Natale in Australia, Messico, Stati Uniti, Ucraina e Germania nel numero di dicembre del «Messaggero di sant'Antonio» - Edizione italiana per l'estero - e nella versione digitale della rivista!