A proposito di dipendenze
Viviamo in un mondo che idolatra l’indipendenza: vogliamo non aver bisogno di nessuno, ci sentiamo a posto con noi stessi solo quando ci pare di essere autonomi, siamo in imbarazzo e ci sentiamo mortificati quando dipendiamo da altri. Eppure siamo anche in un mondo in cui proliferano le dipendenze (le addiction): gioco d’azzardo e scommesse crescono anche tra i giovani (circa il 50%, secondo una recente indagine dell’Osservatorio Nomisma sui comportamenti della «Generazione Z»); non parliamo del consumo di alcol il fine settimana (ma non solo): secondo i dati ISTAT 2022 sono aumentate del 19,7% le ragazze tra i 21 e i 25 anni che hanno consumato alcolici lontano dai pasti e del 40,5% le binge drinker, una forma d’abuso di alcol che consiste nel bere almeno 5 drink nell’arco di poche ore (i binge drinkers tra gli 11 e i 25 anni sono quasi 1 milione). Poi ci sono le droghe leggere e non, ma anche la dipendenza da internet, e non solo tra i giovani.
Viviamo il paradosso di temere la dipendenza nelle relazioni, ma non quella da sostanze o da comportamenti che mettono a rischio la salute, l’equilibrio finanziario, a volte la stessa vita. L’addiction si è banalizzata. Anzi, diventa quasi motivo di vanto. Viene presentata (positivamente) come un «mai più senza». Dovremmo interrogarci su questo ribaltamento paradossale: le relazioni sono legami che liberano (se non vissute in modo patologico); le addiction ci fanno sentire liberi e trasgressivi, ma alla fine ci rendono schiavi, ci tolgono volontà e libertà.
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