05 Agosto 2024

Suor Rosanna: un’avventura luminosa

Condividiamo la splendida testimonianza di suor Rosanna, suora francescana missionaria per quarant'anni in Algeria. Le sue parole dicono già tutto: «Lodato si’, mi’ Signore, per la vita spesa, per la gioia condivisa, per la fatica che ci fa camminare».
Suor Rosanna tra le dune del deserto algerino.
Suor Rosanna tra le dune del deserto algerino.
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Ciao a tutti, mi chiamo Rosanna, e sono una suora dell’Istituto delle «Francescane Missionarie di Maria». Sono contenta di condividere con voi la mia esperienza di vita arricchita e trasformata dalla relazione con il Signore che veramente «compie cose grandi», trasformando le esistenze in vere e proprie avventure luminose dove siamo chiamati in prima persona ad affrontare e vivere! Non a caso ho usato questi due verbi: affrontare e vivere!

Da montanara, sono nata e cresciuta in mezzo alle Alpi Orobie in alta Val Seriana, e posso dire che la vita è come un cammino in montagna: durante la salita ci sono tratti dove la fatica non si sente e il luogo che ci circonda può veramente «rubarci il fiato» della bellezza, ma alcuni tratti, dove la salita comincia a farsi più ripida, la bellezza attorno a noi comincia a scomparire perché la nostra attenzione e i nostri pensieri si concentrano sul fiato e sull’energia da mettere nelle gambe e il nostro sguardo, come annebbiato, guarda la strada che stiamo battendo. La salita a un certo punto riporta a un piano e, alzando gli occhi ancora affannati e stanchi, ci si ritrova in un grande pascolo verde dal quale partono le grandezze delle cime rocciose dove, arrivati là, nell’ammirare la grandezza del creato che si dipinge davanti a noi e la soddisfazione di avercela fatta, mi rendo conto di aver vissuto appieno questa giornata di montagna. Nella vita, qualunque sia la strada che ci sentiamo chiamati a percorrere, c’è e ci sarà la strada in salita, ma questa diventa la nostra salita, una salita luminosa perché sappiamo la bellezza che troveremo al termine di questa avventura: «Ce l’ho fatta!».

Tornando alla mia storia, come tutte le storie, ha avuto un inizio: sono nata nel 1942 ad Ardesio, un paesello incatenato, appunto, in mezzo alle montagne, in provincia di Bergamo. Il paese, come quasi tutte le realtà rurali dell’Italia di allora, era molto unito e sin da piccola ho respirato l’unità della comunità e delle famiglie, compresa la mia. La mia famiglia era tra quelle più numerose, eravamo in dodici, dieci tra fratelli e sorelle e i miei genitori: io sono la penultima. Ricordo quegli anni con molto affetto, non avevamo tanto, il giusto per vivere direi, ma in maniera forte molti valori arricchivano il nostro stare insieme… mi piace sempre ricordare quando la sera, attorno alla tavola, tutti e dodici, il numero degli apostoli, recitavamo il Rosario.

La mia infanzia era tranquilla: andavo a scuola, aiutavo la mamma nell’orto, giocavo con gli amici e andavo con tutta la famiglia nella nostra chiesa alla messa e alle varie celebrazioni. Nel nostro paese c’è un Santuario dedicato alla Madonna delle Grazie, non capivo perché, ma quando ci passavo davanti mi sentivo sempre attratta ad entrare, e quando ci entravo e mi mettevo nel banco seduta, pregando un po’ e ammirando la bellezza del luogo, sentivo sempre grande pace. Qualche anno dopo ho iniziato a capire perché sentivo quel luogo importante per me in maniera così forte: avevo 14 anni quando ero andata al Triduo in preparazione alla festa dell’Immacolata. Nella Santa Messa conclusiva ho sentito forte dentro di me la chiamata alla vita missionaria. Ho tenuto nel segreto questa forte voce interiore, fino a quando a 19 anni lo dissi ai miei: non erano per nulla contenti.

Mi sono messa a cercare un Istituto Missionario e, con l’aiuto del mio parroco, ho contattato le suore Francescane Missionarie di Maria, che avevano una comunità a Milano. Sono andata alcuni giorni a conoscerle e fare esperienza comunitaria. Quei giorni sono stati molto significativi e spiritualmente forti: mi sentivo a casa e attratta dal motto che la fondatrice, Maria della Passione, ha dato alla famiglia religiosa: «ADORAZIONE e MISSIONE»! Tutto parte dal Signore, dalla relazione con Lui, per poi essere portatrice di quella Relazione a tutte le persone che incontro. Al termine di questa esperienza sono tornata alla vita di sempre, lavoravo in fabbrica e facevo altre tante cose: quella voce, accompagnata da quei giorni a Milano, erano sempre più forti! A quasi 23 anni mi sono decisa ad assecondare questo desiderio e a partire per il convento. Mia mamma non era contenta, non voleva che andassi via di casa, mio papà era totalmente contrario, pensate che mi disse: «Non verrò mai a trovarti»!

Per me non è stato semplice, ho pianto tanto per questa cosa, ma mi sono fidata e posso dire che veramente il Signore mette apposto tutte le cose: mio padre, che non voleva venire a vedere dove stavo e vivere con me quei primi passi così importanti, è stato il primo che è venuto a Grottaferrata ai miei primi voti e alle Carceri ai voti solenni! Il mio desiderio era di partire per l’Africa centrale, invece sono stata mandata nell’Africa del nord: il primo anno l’ho vissuto in Tunisia per studiare l’Arabo, ma era troppo letterario, per poter vivere e lavorare con la gente dovevo imparare il dialetto! Finito l’anno in Tunisia sono stata mandata in Algeria, dove ho speso tanti anni della mia vita. All’inizio non è stato facile. Eravamo quattro suore, uniche cristiane in mezzo a un popolo tutto musulmano. In quei primi tempi la mia forza è stata la vita fraterna e i consigli di una suora anziana con molta esperienza. Nonostante la base di arabo che avevo studiato, dopo aver imparato un po’ la lingua mi sono data da fare e mi sono messa a lavorare con le ragazze, quasi tutte erano analfabete.

Ho messo in piedi, sempre con l’aiuto delle autorità locali, in ogni luogo dove sono stata, dei centri per le ragazze. Vi racconto la vita di una di queste ragazze: l’ho incontrata che aveva 9 o 10 anni, andava pascolando le capre di suo padre, era la prima di nove figli. Dopo un bel po’ di tempo sono riuscita a convincere il padre a lasciarla venire al centro, perché potesse imparare qualcosa. In poco tempo iniziava a leggere e scrivere, a cucire e ricamare: aveva le mani d’oro. Grazie a queste basi è riuscita a convincere tutti i suoi fratelli ad andare a scuola e ha continuato a studiare, ottenendo tutti i diplomi necessari per insegnare. Ora è insegnante in una scuola professionale e si è sposata con un bravo ragazzo.

Tante ragazze, grazie al nostro aiuto, hanno potuto avere una storia simile a quella di questa ragazza. La gente mi voleva molto bene, potevo entrare in ogni casa come se fosse la mia! In Algeria la legge non permetteva l’annuncio del Vangelo, quindi la nostra vita doveva essere un Vangelo vivente e la gente lo percepiva: tante volte, alla fine delle feste Islamiche, molta gente ci portava una sorta di pane e della carne di capra per condividere con loro la loro gioia. Erano contentissimi di aiutarci!

La nostra Chiesa era tanto povera, avevamo solo un piccolo altare con un Crocifisso e una piccola riserva eucaristica per l’Adorazione. Non potevamo avere la messa tutti i giorni, e nemmeno tutte le settimane, perché non avevamo sacerdoti nelle vicinanze. Una volta, era il giorno di Pasqua, ho saputo che un vescovo era in viaggio e doveva passare per la nostra zona. Sono riuscita a contattarlo per chiedergli di celebrare la Messa di Pasqua, altrimenti saremmo rimaste senza l’Eucarestia. Non avevamo le particole «tradizionali» e, in mancanza di materia prima, facevamo consacrare una sorta di pane azzimo che ci regalavano le famiglie mussulmane che vivevano vicino a noi ed erano tanto contente quando dicevamo loro che avevamo pregato con il loro pane! Era un piccolo modo per creare relazione. Ho imparato tanto da loro, facevano sempre riferimento a Dio, in ogni cosa! Avevano il senso forte della condivisione e una grande fiducia nella Provvidenza.

Ho vissuto quarant’anni con loro, in Algeria, e devo dire che dopo i primi anni difficili per imparare la lingua ed entrare nella loro cultura, il resto è passato veloce. In questi anni ci sono stati dieci anni di terrorismo. C’è stata l’uccisione di diciannove persone tra religiosi e suore. Tra questi anche sette monaci, che molti di voi avranno sentito come i «martiri algerini». Alcuni di loro li conoscevo. È stato il momento più duro, avevamo paura, ma ci ha sostenuto l’unità della Chiesa, come dicevo prima è una Chiesa piccola, povera, ma che vive il Vangelo! Ci sentivamo tutti uniti!

In Algeria è una missione un po’ speciale, ma è importante per il dialogo della vita, il dialogo che crea vita! Tutte le volte che sentivo o tornavo a casa mi chiedevano: «Quanti ne hai convertiti?» e la mia risposta era ed è tutt’ora questa: «Devo ancora convertirmi io, figuratevi se posso convertire gli altri». Prima di partire per la missione forse avevo anche io questa visione, cioè che il missionario converte i popoli, ma dopo questi tanti anni di esperienza ho sperimentato che è il Signore, che conosce i cuori, che converte e fa iniziare cammini di bellezza tra il Creatore e la creatura!

Sono tornata in Italia da un po’ di anni, ma ho trovato la Chiesa italiana più vecchia di come l’avevo lasciata. Noto che è ancora molto legata al passato, curandosi tante volte di cose superficiali. Mi pare che molta sia la difficoltà ai cambiamenti… Penso che le Chiese di missione possano essere un insegnamento per le nostre Chiese europee e anche per le nostre comunità religiose. Cari ragazzi e cari tutti che avete letto queste mie righe che riassumono ottant’anni della mia vita, non abbiate paura delle crisi, ne ho avute tante anche io e sono riuscita a superarle con la preghiera, l’accompagnamento spirituale e la vita fraterna. Prendetevi il tempo per ascoltare il Signore che vi parla, nei tanti modi che usa per arrivare a voi, non abbiate paura di rispondere! Lui cammina con voi, e ve lo posso assicurare, ne ho fatto esperienza.

Uniti nella preghiera!

suor Rosanna Bigoni fmm – info@vocazionefrancescana.org

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Data di aggiornamento: 05 Agosto 2024
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