Carlo Bianchi

La storia del Novecento è segnata da violenze, guerre, azioni disumane, ma c’è chi ha cercato di resistere, manifestando il suo desiderio di libertà e di pace. Nel presente testo, di carattere divulgativo ma rigoroso nel citare le fonti, viene proposta la vicenda di Carlo Bianchi, vissuto nella prima metà del secolo scorso a Milano. Nato nel 1912 in una famiglia borghese, nella sua breve vita non si limita a «farsi i fatti suoi» ma, senza venir meno agli impegni di marito e di padre, si dedica alla resistenza fino al sacrificio della vita. Cresciuto in un ambiente cattolico, ne abbraccia profondamente i valori, entrando anche a far parte della Fuci.
È ideatore e promotore dell’iniziativa «La carità dell’Arcivescovo», nata in seguito all’appello del cardinal Schuster dopo il bombardamento di Milano (febbraio 1943). L’8 settembre 1943, Carlo entra nel comitato nazionale di liberazione, impegnandosi in particolare nella diffusione di fogli clandestini antifascisti: insieme con Teresio Olivelli è da considerarsi l’ispiratore e l’anima della rivista «il ribelle», che rappresenta una forma di opposizione all’oppressione non animata dall’odio, ma dall’amore per la libertà.
Arrestato a Milano il 27 aprile del 1944, vive con fede, insieme con i suoi compagni, l’esperienza del carcere, come testimoniano chi l’ha incontrato e le lettere scritte ai famigliari, nelle quali cerca di rassicurarli, trasmettendo il suo amore. In una delle sue ultime lettere, dal carcere di Fossoli (dove verrà ucciso il 12 luglio 1944), scrive: «Sono fiero di essere qui perché sono certo che soffro per il domani dei miei figli che non è fatto solo di pane e di moneta, ma innanzitutto di libertà e di giustizia». Una testimonianza da ripercorrere e da conoscere, per non smarrire la memoria del nostro passato.
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