Diamo speranza alla fede
La speranza è al centro del Giubileo del 2025 indetto da papa Francesco. Speranza è una parola chiave che dovrebbe rispondere ai più pressanti interrogativi della nostra esistenza. C’è la speranza per il presente, ma ancora di più per il futuro. Si dice di solito: «speriamo bene», soprattutto quando c’è il timore o il sospetto oppure il retro pensiero che le cose possano andare male o che non andranno affatto come invece ci aspetteremmo. Vale la pena ricordare che i primi costruttori di speranza siamo noi stessi, per noi e per gli altri. Ne abbiamo parlato con don Gianluca Attanasio, laureato in filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, sacerdote della Fraternità san Carlo. Dal 2013 al 2015 si è occupato della pastorale giovanile nel Rione Sanità a Napoli. E dal 2015 è parroco della parrocchia di Santa Giulia a Torino.
Don Attanasio ha scritto numerosi libri. In particolare, per i tipi dell’EMP, Edizioni Messaggero Padova ha pubblicato: Con gli occhi della sposa. I misteri del rosario (2013); L’amore che non muore. Meditazioni sulla passione di Gesù (2015); Suor Faustina (2015); Camminando verso la luce. Un modo semplice per riscoprire la bellezza dei salmi (2016); Custodire il cuore. Percorso spirituale sulle orme di san Cassiano (2018); Il tempo di chi prega (2019); Un luogo pieno di pace. I salmi: un cammino per tutti (2022).
Secondo don Attanasio, guardando alla quotidianità occorre «ripartire da una narrazione più positiva. Una delle ragioni che distrugge la speranza è il continuo racconto di cose negative, fatto dai mass media, che diventano veramente una delle cause depressive importanti, e che tolgono la speranza».
Oggi i giovani sembrano più vulnerabili di quelli della generazione che li ha preceduti. «Bisogna individuare le radici della disperazione di questi giovani – osserva don Attanasio –. E penso che si trovino nella mancanza di educatori che, vivendo loro stessi la speranza, possano essere poi capaci di trasmetterla ai giovani. La speranza la vive soprattutto chi ha la fede. Chi ha la grazia della fede deve trasmettere la fede».
Un altro segnale negativo è dato dal fatto che si mettono al mondo sempre meno figli. Qualcuno sostiene che questo fenomeno non si possa ricondurre solo a ragioni economiche. «Il fatto che i giovani non facciano più figli è un segno del grave stato depressivo in cui essi versano, e della grave assenza di speranza – continua don Attanasio –. Il problema investe la famiglia, la scuola, le comunità educative, la chiesa. È anche vero che i giovani non vengono educati ad affrontare il mondo per com’è nella realtà, e ad affrontare le difficoltà. Anche dal punto di vista economico e sociale la prospettiva dei più giovani è quella di un impoverimento generale. Però devo anche dire che il lavoro si trova. Io parlo con tanti imprenditori che hanno il grande desiderio di valorizzare i giovani, ma non trovano ragazzi disposti a fare sacrifici. Una cosa che potrebbe aiutarli è l’incontro. Noi, nella nostra comunità, nell’oratorio, cerchiamo di favorire l’incontro tra le famiglie, gli imprenditori, il mondo del lavoro e i giovani affinché questo distacco generazionale così grave, possa essere in parte colmato».
Quale speranza resta quando tutto sembra perduto, quando ci si trova a combattere contro la malattia, quando il nostro tempo è finito? «L’esperienza della malattia e della morte fanno parte della nostra vita – ricorda don Attanasio –. Noi viviamo in un mondo scientifico e tecnologico dove l’intelligenza è adorata perché si pensa di poter risolvere tutto con la scienza e la tecnologia. Ma questo è falso, è contraddetto dalla realtà dei fatti: ci si ammala, si soffre e si muore. Questa è la realtà dell’essere umano ed è sempre stata così. Una persona che viene a trovarti quando sei ammalato, anche quando stai per morire, ti dà una grandissima speranza e una grandissima forza. Poi c’è la speranza nell’al di là che è quella che ci fa vivere con gioia e letizia l’al di qua, anche quando dobbiamo portare la nostra croce. La speranza nell’al di là ci dà la forza per affrontare l’al di qua».